Enzo Favoino (Zero Waste) in una nota rilasciata alla rivista online EcodalleCittà fa chiarezza sul processo di riciclo del Plasmix.
In particolare spiega che la classificazione di tali materiali come “plasmix” non è chimica, né merceologica, ma riferita ad una semplice scelta operativa, ossia quella di fermare i processi di selezione e riciclo dopo il recupero dei polimeri di maggiore valore (PET, HDPE, a volte PP ed LDPE) e fare terminare i vari altri polimeri (PS, a volte LDPE e PP, altre plastiche e materiali accoppiati, ma le scelte possono cambiare da piattaforma a piattaforma) nell’aggregato eterogeneo, perché presenti in percentuali basse o perché di valore minore anche se potenzialmente riciclabili.
La consistenza del plasmix in Italia à circa del  40-50% delle plastiche da RD .
Favoino spiega come l’incenerimento non sia la soluzione per lo smalitimento di tale materiale ma sia necessario puntare in un breve periodo transitrio a sistemi di recupero di materia mediante sistemi di densificazione/estrusione. Nel medio-lungo termine, il problema del plasmix va affrontato, in coerenza con i principi della Economia Circolare, mediante lo strumento della riprogettazione dell’imballaggio, nella direzione della durevolezza, dei sistemi di deposito su cauzione per il riutilizzo, della riciclabilità, e dismettendo progressivamente le plastiche che mostrano maggiori criticità (anche se non impossibilità) nel riciclo.
Fonte: Eco dalle Città  – Nota completa al seguente link