Il punto dopo il voto della Commissione ambiente del PE sulla proposta di direttiva che modifica la Direttiva imballaggi per ridurre l’uso delle borse di plastica e verso la sua approvazione da parte del Parlamento Europeo
La Finestra sulla prevenzione dei rifiuti si è occupata più volte di uno scontro di interessi che ha profonde implicazioni economico-commerciali, ambientali e culturali.
Da una parte c’è una produzione più dissipativa, che vuole mantenere gli shopper tradizionali, energivori e inquinanti, dall’altra una produzione più sostenibile, che introduce gli shopper in bioplastica, da materie prime rinnovabili e compostabili. Ma si diffondono sempre più pratiche virtuose che superano o minimizzano l’uso dello shopper (con l’uso di borse riutilizzabili)[1].
La stima di 8 miliardi di buste di plastica, 198 per ogni cittadino, utilizzate nel 2010 nei paesi delle UE ha indotto la Commissione a pensare ad una modifica delle direttiva imballaggi 94/62/CE, che miri a ridurre il consumo nell’Unione europea delle borse di plastica con spessore inferiore a 50 micron (0,05 millimetri).
Nel gennaio di quest’anno il Parlamento europeo approva così una Strategia europea per i rifiuti di plastica[2], tesa a evitare la messa a discarica dei residui plastici riciclabili o recuperabili e disincentivarne l’incenerimento al più tardi entro il 2020. Essa chiede anche di ridurre se non proibire, anche prima del 2020, i sacchetti di plastica monouso e di bandire alcune sostanze pericolose usate nella produzione della plastica (come i metalli pesanti) e bandire anche le plastiche oxo-degradabili[3].
La Commissione Europea ha ritenuto quindi di introdurre nella direttiva 94/62/CE l’obbligo per tutti gli Stati membri di ridurre il consumo di borse di plastica in materiale leggero[4] del 50% in 3 anni rispetto al 2010 e dell’80% in 5 anni , consentendo loro di fissare obiettivi nazionali di riduzione e di scegliere le misure per raggiungerli.
In un secondo tempo potrebbe tuttavia essere considerata l’ipotesi di stabilire un obiettivo di riduzione a livello di UE.
Il 10 marzo la Commissione Ambiente del Parlamento europeo (ENVI) ha votato sulla proposta di Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio[5] al fine di ridurre il consumo di borse di plastica in materiale leggero. Il provvedimento passerà al voto in plenaria in aula il 10 aprile. La proposta precede la revisione più generale della politica sui rifiuti dell’UE che la Commissione presenterà nella primavera del 2014.
In attesa del voto c’è da registrare una dichiarazione di Francesco Ferrante, vicepresidente del Kyoto Club[6] e autore (allora era senatore) dell’emendamento che introdusse nella legislazione italiana in divieto degli shopper in vigore dal gennaio 2011. Egli sostiene che “La scelta della Commissione conferma che il modello italiano, che ha già ridotto il consumo di shopper usa e getta da circa 180.000 ton nel 2010 e circa 90.000 nel 2013, con una riduzione del 50% e un miglioramento della qualità e quantità del rifiuto organico, può essere davvero un modello per tutta l’Europa nel comune raggiungimento degli obiettivi fissati dalla bozza votata ieri dalla Commissione ambiente: 50%, rispetto al 2010, entro i tre anni dall’entrata in vigore della nuova Direttiva e, successivamente, l’80% entro cinque anni rispetto alla media europea.”. Ne deriva la conseguenza che non ci sono più alibi per non applicare le sanzioni a chi si ostina a commercializzare sacchi non conformi alle regole europee di biodegradabilità e compostabilità.
Questa posizione è fortemente sostenuta da Assobioplastiche[7] , che ritiene di notevole interesse per il comparto delle bioplastiche compostabili le novità contenute nella proposta di Direttiva. Sia perché le misure adottate dallo Stato Italiano sono ammesse anche dalla nuova Direttiva, potendo gli Stati Membri mantenere in vigore misure in deroga all’art. 18 della Direttiva Imballaggi che perché si introduce espressamente un principio di differenziazione tra le plastiche tradizionali e le plastiche biodegradabili e compostabili per il loro riconosciuto valore nella raccolta differenziata della frazione organica (si prevede, infatti, che i sacchi frutta e verdura dovranno essere biodegradabili e compostabili entro 5 anni dall’entrata in vigore della Direttiva).
Da ultimo, il testo introduce un concetto assai interessante: qualora uno Stato decida di intraprendere la strada della tassazione, come avvenuto per esempio in Irlanda, i sacchi cosiddetti riutilizzabili non potranno in alcun modo costare meno di quelli monouso, a cui verrà applicata la tassa. Ciò al fine di evitare possibili aggiramenti degli obiettivi di riduzione che sono il motivo fondante della direttiva.
Commenti positivi anche da Legambiente, che con il vicepresidente Stefano Ciafani sottolinea che la proposta di Direttiva è un “riconoscimento importante per l’Italia” e che “ora bisogna aggredire in maniera definitiva l’usa e getta, i sacchetti illegali e promuovere le filiere industriali innovative”[8].
Vittorio Prodi, presentatore della Strategia europea per i rifiuti di plastica, sostiene che si tratta di un compromesso che riconosce la validità dei sacchetti biodegradabili compostabili a supporto della raccolta della frazione organica, in modo tale che la bioplastica compostabile e la raccolta dell’umido possono trarre benefici l’una dall’altra. Afferma però anche che ora bisogna lavorare per eliminare definitivamente gli additivi oxobiodegradabili, che frammentano la plastica in pezzi molto piccoli, e se dispersi nell’ambiente producono ancora più danni (in mare possono raggiungere perfino le branchie dei pesci). [9] Prodi ritiene che la riduzione al 50% dei sacchetti monouso entro cinque anni non sia la soluzione finale, ma un passo avanti importante per minimizzare le quantità in gioco, quasi un tracciare una direzione. Che è sicuramente meglio della situazione attuale e consente di affrontare tutti i problemi ancora in gioco.
La pensano in modo diverso i produttori di shoppers in plastica tradizionali, che ora lavorano sulle plastiche oxo degradabili e richiedono di non intralciare il loro sviluppo, sostenendo la necessità di difendere produzione e occupazione che nel nostro paese assommerebbe a 4.500-5.000 occupati in aziende produttive di piccole dimensioni[10], a fronte di un contenuto impatto ambientale della loro produzione e del fine vita. Essi rivendicano il fatto che la plastica oxodegradabile possa essere prima riutilizzata e poi destinata a raccolta differenziata e riciclata – esattamente come la plastica convenzionale. Rispetto alla quale avrebbe le stesse caratteristiche funzionali ma ha il grande vantaggio di non accumularsi nell’ambiente.[11].
Un fonte agguerrito, secondo il quale i sacchetti biocompostabili ostacolano il riciclo e comunque non possono essere imposti per legge non appar
e disposto ad arrendersi facilmente come dimostrano le sue azioni sul piano legale[12].
Va ricordato che PoliEco, il Consorzio nazionale per il riciclaggio dei rifiuti dei beni a base di polietilene, non disconosce la valenza innovativa delle bioplastiche compostabili e si è attivato per affiancare gli associati nelle politiche di eventuale riconversione produttiva. Ma PoliEco è da sempre convinto che favorire, come detta la norma comunitaria, la riduzione della produzione di rifiuti plastici attraverso la promozione di borse multiuso sia un obiettivo pienamente coerente con i target comunitari di sostenibilità e sostiene quindi legittimità e opportunità della presenza di shoppers riutilizzabili, anche in plastica.
Assegno volentieri l’ultima parola in questo pezzo scritto in attesa del pronunciamento del Parlamento europeo sulla Direttiva che dovrebbe ridurre il consumo di borse di plastica in materiale leggero a chi da anni sostiene (con il pieno accordo di questa rubrica, che ha dedicato parecchi pezzi al suo sviluppo e alla sue evoluzioni) che ”l’arma più efficace contro l’usa e getta è non usarlo”.
Silvia Ricci[13], fondatrice e animatrice della Campagna “Porta la sporta” (e oggi Responsabile campagne Associazione Comuni Virtuosi) sostiene che in un pianeta dalle risorse finite è impossibile mantenere gli attuali stili di vita e di consumo che il nostro modello economico lineare necessita. Per questo, nelle battaglie tra compostabili, additivi e plastica tradizionale, Porta la Sporta è sempre rimasta un passo fuori dalle discussioni, concentrandosi piuttosto su un altro obiettivo: come evitare di usare gli usa e getta, indipendentemente dal materiale di cui fossero fatti. La campagna è stata sempre centrata sulla prevenzione, in linea con la gerarchia europea di gestione dei rifiuti e sulla promozione di una cultura del riuso, perché la vera sfida dell’innovazione è lo sviluppo di nuovi processi e sistemi che permettano di avere gli stessi risultati come prodotti o servizi dematerializzando, eliminando cioè alla radice il consumo di risorse dove non necessario. In questo caso si tratta di fare in modo di introdurre una semplice abitudine nelle persone (avere una borsa riutilizzabile a portata di mano) e non di contrastare una difficile dipendenza!
Ci sono gli strumenti per muoversi in questa direzione, come dimostra il modello vincente, con risultati mantenuti stabili nel tempo, dell’Irlanda. Qui l’applicazione di una tassa di 22 cent, avvenuta oltre sei anni fa, ha permesso di ridurre drasticamente il consumo di shopper di oltre l’80%.
D’altronde è la stessa Europa, attraverso il suo Commissario all’Ambiente ad indicare da tempo in ogni occasione pubblica la necessità di una transizione verso una economia circolare come unico modello di crescita ancora possibile.
Silvia ci fornisce anche alcuni dati molto molto interessanti sulle differenze nella capacità di ridurre l’uso delle borse di plastica nel nostro Paese, rilevando che “la riduzione del 50% che si è realizzata in Italia è stata merito non solamente dei supermercati alimentari, ma anche di diverse catene distributive no food; dal settore del bricolage a quello delle attrezzature sportive, che da tempo offrono sacchetti biodegradabili/compostabili a pagamento e borse riutilizzabili a prezzi contenuti. Va ancora affrontato l’alto consumo di shopper usa e getta che avviene nel piccolo commercio e nei mercati rionali. Se si continuerà a “nascondere” il costo dei sacchetti nei prezzi dei prodotti non si ridurrà il consumo e gli acquirenti continueranno a comportarsi in modo diverso a seconda dell’esercizio. L’esito di un monitoraggio sul consumo di sacchetti usa e getta[14] ha dimostrato che è l’esercente o il responsabile di un punto vendita a determinare il livello di consumo.”.
[1] Vedi: http://www.rifiutilab.it/dettaglio_doc.asp?id=2391&menuindex=, http://www.rifiutilab.it/dettaglio_doc.asp?id=2553&menuindex=, http://www.rifiutilab.it/dettaglio_doc.asp?id=2646&menuindex=, http://www.rifiutilab.it/dettaglio_doc.asp?id=2895&menuindex=, http://www.rifiutilab.it/dettaglio_doc.asp?id=2896&menuindex=
[2] http://www.europarl.europa.eu/meetdocs/2009_2014/documents/envi/pr/1001/1001842/1001842it.pdf – relatore Vittorio Prodi.
[3] Le plastiche oxo biodegradabili sono formate da polimeri convenzionali additivati con un prodotto in grado di accelerare la biodegradazione. La biodegradazione è frutto di un processo relativamente lento, di frammentazione e successiva aggressione da parte dei microorganismi, che non è in grado di soddisfare i requisiti di compostabilità richiesti dalla norma UNI EN 13432, che impongono un tempo di biodegradazione di 180 giorni.
[4] La proposta modifica l’articolo 4 (“prevenzione”) della direttiva 94/62/CE, richiedendo agli Stati membri di adottare misure per ridurre il consumo di borse di plastica in materiale leggero (definite inserendo la definizione di “borse di plastica in materiale leggero” all’art. 3). Le misure possono comprendere l’uso di strumenti economici nonché restrizioni alla commercializzazione, in deroga a quanto previsto all’articolo 18 della direttiva
[10] http://www.polimerica.it/index.php?option=com_content&view=article&id=8670:bioshopper-si-fanno-avanti-gli-oxo&catid=7:leggi%20e%20norme&Itemid=71
[11] file:///C:/Archivio%20DATI/finestra%20sulla%20prevenzione%20dei%20rifiuti/2014/14.03.25%20sacchetti%20plastica/Un%20po%E2%80%99%20di%20chiarezza%20sulla%20plastica%20oxo-biodegradabile%20_%20Caravella.eu.htm
[14] Effettuato durante i sei mesi di durata della competizione “Sfida all’ultima sporta” in 13 comuni italiani