È stato pubblicato il rapporto Waste End di fondazione Symbola e Kinexia che analizza le filiere di raccolta di rifiuti nel nostro paese e propone soluzioni documentate per attuare la strategia zero waste elencando anche i benefici che derivano dal’adozione di questa strategia. Secondo le associazioni l’obiettivo rifiuti zero non è solo un orizzonte culturale, ma una possibilità tecnologica in grado di dare forza e competitività alla nostra economia. Lo si legge attraverso i dati che emergono dal rapporto. Siamo campioni europei nel riciclo industriale: a fronte di un avvio a recupero industriale di 163 milioni di tonnellate di rifiuti, in Italia ne sono state recuperate 24,1 milioni, il valore assoluto più elevato tra tutti i paesi (in Germania sono state recuperate 22,4 milioni di tonnellate). Il settore del recupero dei materiali in senso stretto ha performance brillanti. Cresce a ritmi ben superiori a quelli dell’industria manifatturiera nel suo insieme, nonostante la crisi. Nel periodo 2008-2011 (e i dati provvisori sugli anni successivi confermano) cresce il numero delle imprese (+7%), aumenta il valore aggiunto (+40%) e crescono gli occupati (+11%). Alcuni settori già sono basati sull’uso di materie prime seconde. Il settore metallurgico è in prevalenza un settore basato sull’impiego di rottami e materie seconde; quello cartario è privo di produzione nazionale di cellulosa e produce, quindi, da maceri. Più in generale, è l’industria manifatturiera made in Italy che ha una esperienza storica di uso dei maceri e dei cascami, in tanti settori. Nello scenario con obiettivi al 2020: ridurre di due terzi i rifiuti avviati in discarica (dal 38% al 12% del totale), raddoppiare la raccolta differenziata (dal 43% all’82%), tagliare il rifiuto urbano residuo indifferenziato ad un terzo (dal 57% al 18%), più che dimezzare l’incenerimento (dal 17% al 7%). la capacità industriale di preparazione al riciclo raddoppierebbe da 12 milioni di tonnellate attuali a 24 milioni di tonnellate, il recupero di materia nei processi industriali passerebbe dall’attuale 24% dei rifiuti al 48,5%, il recupero per usi agronomici dal 13% al 30%, mentre il recupero per usi energetici dal 19% attuale scenderebbe al 14%, privilegiando soluzioni meno inquinanti e più innovative. Tutto ciò porterebbe nuove imprese e nuova occupazione: nel ciclo di gestione dei rifiuti si avrebbero circa 22.000 occupati in più (+37%), per effetto di una forte crescita nei settori a più alta intensità di lavoro (soprattutto nella raccolta e preparazione al riciclo). Nel settore del riutilizzo si genererebbero fino a 10.500 nuovi occupati. Lo sviluppo del riciclo determinerebbe una crescita di 12.000 occupati rispetto alla situazione attuale. Il valore della produzione nell’industria di preparazione passerebbe da 1,6 miliardi attuali a 2,9 miliardi.