L’Italia si dota di un regolamento end of waste per il riciclo sia di rifiuti inerti derivanti da operazioni di costruzione e demolizione che di rifiuti inerti di origine minerale. La bozza di decreto del ministero della Transizione ecologica, in elaborazione da oltre tre anni, è stata notificata lo scorso 14 marzo alla Commissione Ue per espletare la procedura informativa cui sono sottoposte le regolamentazioni tecniche (il termine del periodo di standstill è previsto per il 15 giugno 2022). Le aziende avranno 180 giorni di tempo dall’entrata in vigore per conformarsi alle nuove disposizioni (l’adeguamento è un obbligo). Il nuovo regolamento, come tutti quelli sull’end of waste (quello sugli inerti non sarà l’unico, ma è il più importante), nasce per accelerare la transizione verso un’economia circolare.

Il rischio, secondo i produttori di aggregati riciclati, è che se la bozza di regolamento sui rifiuti inerti non sarà emendata, gli impianti italiani di riciclo di inerti si possano fermare e con essi anche il settore delle costruzioni, per mancanza di siti per il conferimento dei propri rifiuti inerti.

L’obiettivo dei regolamenti end of waste è quello di facilitare il raggiungimento del traguardo della cessazione dello stato di rifiuto per alcuni materiali che dunque, dopo una prima vita, possono con maggiore facilità essere immessi nuovamente sul mercato come materie prime seconde in grado di competere con le materie prime vergini. Il tutto stabilendo dei paletti, in modo che il riutilizzo di materia avvenga senza pericolo per la salute umana e senza pregiudizio per l’ambiente.

Anpar, l’associazione che riunisce i produttori di aggregati riciclati, sottolinea diversi elementi positivi contenuti nello schema di decreto, come:

  • la semplificazione sulle verifiche riguardanti il materiale in ingresso negli impianti di riciclo; la possibilità per i produttori;
  • la possibilità di poter accorpare tra loro lotti di prodotti omogenei una volta trasformato il rifiuto;
  • l’innalzamento del limite del contenuto di solfati e di cloruri all’interno dell’eluato nei test di cessione;
  • l’elenco delle normative moderne di riferimento sia per la conformità che per l’idoneità all’uso dei prodotti.

L’associazione evidenzia una grave criticità: nella tabella (allegato I, punto d.1 dello schema di Dm) relativa ai controlli sul prodotto finale, che stabilisce le concentrazioni limite di amianto, idrocarburi aromatici e aromatici policiclici nell’aggregato recuperato. I valori della tabella riprendono alcuni valori delle tabelle del Dlgs 152 del 2006 che stabiliscono le concentrazioni soglia di contaminazione per i siti ad uso verde pubblico, privato e residenziale. Concentrazioni che riguardano precise sostanze nocive e che, se superate, fanno presumere che il sito sia potenzialmente contaminato e allora scattano le indagini del caso. Il prodotto viene trattato nello schema di Dm come un rifiuto e paragonato ad un suolo da bonificare, facendo riferimento ad usi agricoli o residenziali, benché gli aggregati riciclati siano oggi in larga parte utilizzati per infrastrutture viarie. I limiti, secondo Anpar, sarebbero inutilmente severi. La richiesta dei produttori di aggregati riciclati è di rivedere i limiti che definiscono i requisiti di qualità ambientale degli aggregati riciclati e differenziare le concentrazioni limite per sostanza a seconda degli usi.

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Fonte: Anpar