Basta cercarla, ed eccola: tra la micro particellle presenti nella neve valdostana il 45% è plastica
Mi piace andare per monti in tutte le stagioni.
Anche quest’estate (come sempre) ho molto camminato in montagna, nelle Dolomiti.
Sabato e domenica ero ai loro margini orientali, in Val Visdende. Malgrado settembre cominci ad attenuare un po’ la calura le salite al sole sono ancora una bella fatica, anche se si tratta di luoghi idilliaci come i piani di Vissada o il Valcamun.
Ogni tanto può venire da pensare alla fresca neve delle escursioni invernali con gli sci.
Così al ritorno mi soffermo su quanta notizia. Forse per rinfrescarmi, certo per ribadire l’amara costatazione che ormai neppure tra le terre alte troviamo rifugio dalla plastica (oltre che da una serie di altre schifezze, portate lassù dal vento.
Non è la prima volta che ne parlo[1]. L’anno scorso citavo una ricerca francese sulla presenza di microplastiche nei Pirenei.
Questa volta sono i ricercatori della Cooperativa ERICA (in collaborazione con lo European Research Institute e VdATralier, società che organizza il Tor des Géants e l’Associazione Internazionale per la Comunicazione Ambientale – AICA) ad aver condotto nel corso dell’edizione del settembre 2019, una campagna di campionamenti sulle nevi residue dell’inverno e primavera precedente. Lo studio è stato promosso e ideato da Roberto Cavallo, che ne è stato pure testimonial.
Il rapporto che analizza i risultati da un quadro a dir poco allarmante.
Si volevano analizzare le nevi che restano alla fine dell’estate.
Sono stati individuati quattro siti, toccati dal Tor des Géants®, con caratteristiche diverse: il rifugio Deffeys, nel comune di La Thuile, che richiede oltre 2 ore e mezza per essere raggiunto a piedi, ai piedi dell’omonimo ghiacciaio, il rifugio Miserin, nel parco del Monte Avic, a poco più di un’ora da dove si può lasciare l’auto, il rifugio Cuney, il più alto rifugio delle Alte Vie valdostane ad oltre 2600 metri di quota, e il col du Malatrà a quasi 3000 metri di altitudine, che separa la Val Ferret dalla Valle del Gran San Bernardo.
Qui diversi campioni di neve sono stati prelevati e analizzati dall’ARPA Valle d’Aosta in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano, sotto la direzione dei professori Marco Parolini e Roberto Ambrosini del Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università degli Studi di Milano.
Su 8 litri analizzati sono state trovate, a seguito di una rigorosa procedura analitica, 40 particelle di cui ben il 45% erano microplastiche, il 43% fibre di cellulosa, il 2% lana, mentre per il 10% non è stato possibile arrivare ad un’identificazione univoca.
Le microplastiche sono state quindi analizzate al microscopio e in spettroscopia IR così da verificarne la forma, le dimensioni e la composizione polimerica.
Il 39% delle microplastiche è rappresentato da fibre o fili, mentre il restante 61% sono frammenti di diversa forma.
La dimensione delle microplastiche varia da 50 micron a poco meno di 2 millimetri, con un valore medio di circa 300 micron. Si è lavorato su un mix multicolori, per metà bianco e per il resto blu, azzurro e in misura minore rosa o viola.
Rispetto alla composizione, la prevalenza relativa va al polietilene (39%),; per il 17% si trattava di PET e, con la stessa percentuale, di HDPE, mentre il poliestere pesava per l’11%. Percentuali ancora inferitori per LDPE (6%), polipropilene (5%) e poliuretano (5%).
I ricercatori hanno poi proiettando i numeri emersi da questa ricerca sulle precipitazioni nevose che nel 2019 hanno interessato la porzione di arco alpino della Valle d’Aosta. In questo modo è stato possibile stimare la quantità di microparticelle che ogni anno cadono sulla regione.
Si tratterebbe di 200 milioni di particelle di cui 80 milioni di microplastiche.
Questo significherebbe che ogni anno 25 chili di plastica “nevicano” sulle montagne valdostane. Valore molto probabilmente sottostimato dal momento che le nevi, terminato l’inverno, con l’aumento delle temperature, fondono e riversano il loro contenuto nei ruscelli e nei torrenti che scendono a valle.
Insomma anche se l’alpinismo dolomitico propone incontri estivi con la neve meno frequenti di quello della alpi occidentali (ma d’inverno ancora la neve cade …), resta lo stupore e l’angoscia nel constatare come ormai il vento le micro plastiche la porta proprio ovunque e anche chi vive o passa il suo tempo tra le terre alti deve preoccuparsene seriamente. Certamente è opportuno raddoppiare l’attenzione e non abbandonare alcun rifiuto plastico per prevenire la formazione di microplastiche e preservarne la loro identità.
Marco Parolini, professore associato e ricercatore di Ecologia al Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università degli Studi di Milano , afferma infatti che “Questi risultati dimostrano come anche negli ecosistemi di alta montagna, considerati dall’immaginario collettivo come incontaminati, siano presenti le microplastiche, che vi arrivano attraverso il trasporto atmosferico o si originano in loco dalla degradazione dei rifiuti plastici ivi abbandonati e/o dalla usura dei capi tecnici o della attrezzatura di montagna.”
Ecco perché, ad esempio, sto passando dalle magliette “tecniche” a base di derivati dal petrolio, che rilasciano microplastiche ad ogni lavaggio in lavatrice a quelle, confortevoli e preformanti, in lana merinos. Come sempre non solo qualcosa si può fare, ma partire da noi e il presupposto di tutto.
[1] Non è la prima volta che ne parlo. V. ad es. la presenza di microplastiche nei Pirenei in https://www.labelab.it/dfgh987/limpatto-delle-plastica-per-mare-e-per-terra-e-le-sue-immissioni-di-co2-segnali-positivi-dallevoluzione-della-normativa-ma-e-necessario-muoversi-presto-per-non-compromettere-il-fut/ .I ricercatori dell’EcoLab di Tolosa hanno compiuto rilevazioni giornaliere per cinque mesi consecutivi in una zona che dista 6 km dal primo villaggio, 25 dal primo paese e 120 km dalla prima città di una sperduta regione dei Pirenei.
Hanno scoperto che ogni giorno vi cadono 249 frammenti, 73 pellicole e 44 fibre di microplastica per metro quadro (le fibre hanno una lunghezza media di 750 micron – millesimi di millimetro – e i frammenti di 300 micron).