Althesys, società di consulenza strategica ambientale ha elaborato un’analisi sugli effetti del Covid-19 sul sistema rifiuti, prendendo in considerazione sia quelli speciali che quelli urbani.
Il blocco di larga parte dell’industria italiana si traduce, innanzitutto, in una drastica riduzione dei rifiuti speciali da trattare. Althesys ha provato a fare una prima stima, partendo dai settori indicati dal DPCM del 25 marzo 2020 (che modifica l’elenco dei codici ATECO dell’Allegato 1 del DPCM del 22 marzo 2020) e distinguendo tra quelli soggetti a restrizioni diverse. Ipotizzando che nel complesso si perdano due mesi lavorativi tra fermo e ripartenza, si avrebbero tra i 4,2 e i 4,8 milioni di tonnellate di rifiuti speciali in meno solo nelle tre regioni più colpite: Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Con una stima grossolana, i due mesi di fermo delle attività ritenute “non essenziali”, comporterebbero per le imprese che gestiscono gli speciali una perdita di fatturato intorno al miliardo di euro.
In una situazione drammaticamente opposta si sta trovando invece il segmento dei rifiuti sanitari, “nicchia” di mercato ben più piccola e redditizia, ma che rischia di soffocare per l’improvvisa e imprevedibile impennata dei volumi da gestire e la carenza di impianti. Nemmeno il settore dei rifiuti urbani (e assimilati) sarà indenne dai problemi. La produzione di rifiuti calerà, sia quella delle famiglie, sia (anzi soprattutto) quella del terziario, in primis commercio e ristorazione. La diminuzione dei consumi, con una riduzione del Pil italiano stimata tra il 6% e 8% su base annua, potrebbe tradursi in un calo dei RU fino a 2 milioni e mezzo di tonnellate.
Aumenterà, al contrario, la complessità della loro gestione.
Il blocco e il rallentamento di alcune attività industriali rende sempre più necessaria la riorganizzazione del servizio di gestione dei rifiuti urbani e della filiera a valle, onde evitare la sospensione della differenziata. Se infatti la raccolta dei rifiuti prosegue, non accade lo stesso per altre parti della filiera, quali selezione e riciclo. La chiusura di alcuni settori che trattano o impiegano materiali recuperati, come ad esempio alcune plastiche, e la sospensione delle esportazioni (destinazione di quote importanti di materie prime seconde) stanno di fatto bloccando gli sbocchi dei materiali raccolti. Gli stoccaggi si stanno saturando velocemente ed è quindi necessario autorizzarne l’aumento come ha recentemente disposto l’Emilia-Romagna e altre Regioni successivamente.
L’emergenza ha riportato alla ribalta il tema dei termovalorizzatori, che si rendono essenziali nel contesto delle misure intraprese per arrestare la diffusione del COVID-19. L’Istituto Superiore di Sanità ha infatti richiesto che le persone trovate positive oppure in quarantena preventiva non differenzino i propri rifiuti, ma li conferiscano in un unico sacchetto, messo a sua volta in un altro sacchetto, che sarà poi inviato a termovalorizzazione senza pre-trattamento.
La fragilità del sistema italiano di gestione dei rifiuti appare ancor più grave in questa situazione di emergenza. Infrastrutture adeguate e con opportuni margini di riserva, in particolare di termovalorizzatori distribuiti in modo omogeneo sul territorio, permetterebbero infatti di poter gestire blocchi temporanei di alcune fasi della filiera e di ridurre i rischi ambientali e sanitari.
Ma la crisi ha impatti anche su tempi e modalità di attuazione di misure regolatorie e sulle policyin particolare, per quanto riguarda la tariffa,  l’Autorità è intervenuta con la deliberazione n. 102/2020/R/Rif al fine di raccogliere dati e informazioni per rivedere il sistema tariffario nell’ambito dell’adozione di una serie di provvedimenti per contrastare gli attuali difficili frangenti.
Fonte: Althesys
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