“Concretizzare Parigi”; azioni e politiche per la sostenibilità praticabili e livello locale, viste a partire dai rifiuti. Il possibile contributo delle matrici organiche alla lotta al cambiamento climatico .
Dopo la conferenza di Parigi si è aperto un dibattito.
Il documento finale della COP21[1] risponde o delude la attese che si erano create per un accordo sulla lotta al cambiamento climatico, che mai come questa volta l’evidenza dei fatti rendeva irrinunciabile e irrimandabile?
Questa rubrica non è una palestra per schierarsi con gli entusiasti della svolta storica[2] o con i detrattori dei suoi risultati[3] (oltre a tutto entrambe le posizioni hanno le loro ragioni).
Come sempre la Finestra sulla prevenzione dei rifiuti sceglie di lavorare in positivo, sulla parte “mezzo piena” del bicchiere.
E si misura (nel suo specifico) sulla possibilità di trasformare le belle parole in fatti, concreti e misurabili.
Non si può negare che ci sia stata una svolta storica, almeno a livello di riconoscimento delle cause e attenzione alla ricerca dei rimedi.
L’accordo di Parigi nasce da una riflessione sui fallimenti del passato (da Kyoto in poi).
L’elemento su cui si giocherà la possibilità di invertire la corsa verso la “catastrofe ambientale” non sta tanto nell’essersi dati obiettivi più ambiziosi[4] quanto nel verificare se “funzioneranno” i meccanismi di governance definiti per attuarlo[5].
Preso atto della difficoltà / impossibilità di affrontare la crisi climatica per obiettivi da cui far derivare misure vincolanti e accompagnate da sanzioni si è tentata una strada diversa. Quella degli impegni definiti, gestiti e attuati nazionalmente e comunicati e verificati globalmente, con il supporto di vari strumenti di analisi, di supporto tecnico, gestionale e di cooperazione.
Più che discutere se questo sistema sarà o meno in grado di produrre azioni adeguate e nei tempi necessari per mitigare la crisi climatica globale, conviene che “ognuno porti il suo mattone”.
Cerco di farlo come “rifiutologo”.
La domanda che mi faccio è duplice:
– “se” e “come” la gestione dei rifiuti può contribuire alla lotta al cambiamento climatico;
– “se” e “come” la loro prevenzione può dare un contributo al riguardo.
Per avviare questa discussione ho scelto di considerare i contributi alla “lotta al cambiamento climatico” e allo “sviluppo dell’economia circolare” che possono venire dalla frazione più presente nei nostri rifiuti: quella di matrice organica.
Tra gli addetti ai lavori si ritiene che l’elemento di maggior peso “quantitativo” riguardi il compostaggio, Quindi una serie di pratiche (dalla raccolta al trattamento) che riguardano il rifiuto, una volta che si sia creato.
Enzo Favoino non manca mai di sottolineare[6] il contributo della raccolta differenziata dello scarto organico e della produzione e uso del compost alla lotta al cambiamento climatico.
In termini di sequestro di carbonio al suolo e diminuzione delle emissioni di CO2 ed altri gas serra dovuta all’uso do concimi chimici.
La raccolta differenziata delle matrici organiche e il loro compostaggio perseguono obiettivi di politica dei rifiuti (un indispensabile contributo al raggiungimento dei target di Raccolta Differenziata – Direttiva rifiuti – e di riduzione del biorifiuto a discarica – Direttiva discariche).
Ma raggiungono anche benefici in termini di lotta al cambiamento climatico e di strategia di conservazione del suolo (difesa delle biodiversità, delle fertilità dei terreni e di resilienza – prevenzione di alluvioni, limitazione dell’erosione, migliore ritenzione idrica e miglioramento della lavorabilità dei terreni).
Questo è un terreno sul quale le esperienze più avanzate del nostro paese sono riconosciute come l’eccellenza europea sul piano dell’organizzazione delle raccolta (per il livello di purezzadi delle matrici organiche di prevenienze domestica e di grandi produttori).
Ancora troppo indietro è invece lo sviluppo quantitativo della produzione e dell’utilizzo del compost.
Eppure un maggior utilizzo del compost in agricoltura contribuirebbe non soltanto al contenimento delle emissioni ma anche al mantenimento di un tasso di fertilità del terreno agricolo, che in molte situazioni di coltivazioni intensive a forte uso di concimi di sintesi è giunto nel nostro paese ai limiti della predesertificazione.
Un esempio “di scuola”di come si possa andare verso l’economia circolare (solo) se si sa trasformare il rifiuto in risorsa.
Quindi sul piano del “rifiuto” in Italia abbiamo esempi positivi e consolidati, anche se da sviluppare.
Ma su quello della sua “prevenzione”?
Perchè la questione dei rifiuti, in una economia circolare, si pone prima di tutto nei termini della loro prevenzione. La stessa normativa parla sempre meno di rifiuti e sempre più di beni da riutilizzare e di risorse da reimmettere nel ciclo di produzione e uso, con un contenimento del ricorso alle risorse materiche ed energetiche.
Le “nuove pratiche” di gestione dei rifiuti a partire dalla prevenzione si muovono in questo senso.
Anche qui voglio portare alcuni esempi che riguardano le matrici organiche, prendendole questa volta in considerazione (almeno in parte) prima che diventino rifiuti.
Almeno in parte, perchè il primo caso che cito è quello del compostaggio domestico: gli scarti della nostra tavola a del nostro giardino non diventano rifiuti (perchè non li “destiniamo all’abbandono”, consegnandoli al servizio di raccolta), ma sono sempre scarti che compostiamo in casa, per farne terriccio che ci viene e buono per le nostre coltivazioni.
C’è un risparmio energetico e sulla emissioni, legato da un lato ad una almeno parziale riduzione e ottimizzazione del giro di raccolta a dall’altro alle minori quantità compostate in impianti industriali. E anche nel minor ricorso ad ammendanti, a loro volta prodotti industrialmente e poi trasportati fino al negozio e di li alle nostre case (ancora con risparmio di energia ed emissioni).
Ma le novità più interessanti e promettenti degli ultimi anni riguardano lo sviluppo di azioni che vengono “prima del rifiuto”.
Si pensi ad es alle strategie che a seguito del Programma Nazionale per la Prevenzione dei Rifiuti (PNPR[7]) sono state messe in campo sul terreno della lotta alla spreco alimentare, laddove alla definizione del Programma nazionale di lotta all spreco alimentare (PINPAS[8] – considerato il suo primo programma attuativo) hanno fatto seguito la definizione della “carta di Bologna”[9] a fine 2014 e poi della “Carta di Milano”[10] durante EXPO 2015.
Il “Protocollo di Milano” è stato firmato da una settantina di Organizzazioni e Istituzioni e da 26 esperti e opinion leader. Punta a unire cittadini e istituzioni per affrontare il problema della sostenibilità alimentare con tre obiettivi:
- Promuovere stili di vita sani e combattere l’obesità
- Promuovere l’agricoltura sostenibile
- Ridurre lo spreco di cibo del 50% entro il 2020
E l’elemento più significativo sta nel fatto che se questi sono tutti documenti di “principi” e di “indirizzo” hanno avuto alcuni effetti interessanti:
1. hanno reso evidente il problema e delineato gli obiettivi: l’effetto Parigi – COP21 sulla lotta al cambiamento climatico è stato preceduto da un effetto Milano-EXPO 2015 sulla lotta allo spreco alimentare
2. lo hanno inserito in un quadro concettuale e in un percorso definito che chiama le autorità pubbliche (le “parti” – statali nel documento di Parigi – sono gli Stati ma anche le autorità locali – in quello di Milano) a misurarsi con il problema,, In questo senso, indirizzi e principi sono pre-condizione, necessarie anche se non sufficienti, allo sviluppo di politiche e azioni operative;
Certo, tutto questo non basta a far svoltare la “lotta alla spreco alimentare”, come il “documento di Parigi” non basta in sè a far avanzare la lotta al cambiamento climatico.
Infatti per il Documento di Parigi la partita si gioca sulla capacità delle politiche messe a punto dagli Stati di raggiungere gli obiettivi globali.
Per la carta di Milano bisogna invece capire se e con quali iniziative nazionali e locali Stati, Regioni, città, ma qui anche tessuto del terzo settore e delle Onlus, saranno in grado di dar gambe alle idee e raggiungere i risultati.
Ed è qui che voglio segnalare un paio di inziative che si muovono in questa direzione.
A Expo 2015 è stato firmato un Protocollo di intesa che impegna la Regione Lombardia, la GDO , i Comuni e le Onlus a costruire un progetto di “reti territoriali virtuose contro lo spreco alimentare“, associando e facendo interagire i protagonsiti della azioni: Comuni, le GDO che donano, gli enti non profit che ritirano e distribuisono le eccedenze alimentari[11] .
Il progetto mira a censire lo stato dell’arte delle devoluzione, svilupparla, ottimizzarla e metterla a regime.
Verrà svolta una analisi costi benefici del processo. cercando di valutarlo dal punto di vista dei tre soggetti che vi sono impegnati (Comuni, GDO e Onlus) e di rendere quella della devoluzione una filera il più possibile “win win”, nella quale cioè tutti i protagonsiti trovino un loro vantaggio.
Tra i “vincitori” iporizzati si pensa anche all’ambiente, per i positivi effetti che la devoluzione può avere in termini di riduzione dei carichi sulle risorse (materia prime ed energia) e sulle emissioni (per il risparmio sulla produzione dei beni) oltre che di miglioramento dell’inclusione sociale.
Al riguardo appare interessante lo sforzo per utilizzare la tariffa rifiuti come elemento di incentivazione “eco fiscale” dei comportameti più vituosi.
I primi risultati del progetto si dovrebbero poter valutare per la fine del 2016.
A Ferrara sta invece sviluppandosi, con al promozione dei un’associazione no profit e il coinvolgimento del Comune un progetto che dimostra interessanti elementi di novità
Il progetto AvanziAMO[12] mira, come dice il suo sotto titolo, a definire “percorsi ferraresi per la valorizzazione delle eccellenze e la diminzuione delle eccedenze alimentari“.
Siamo cioè di fronte ad un progetto che, oltre allo sviluppo e all’ottinizzazione del recupero delle eccedenze alimentari (che a Ferarra ha una tradizione consolidata e che n Emilia Romagna è al centro della azioni di prevenzione che la Regione punta a sviluppare con la nuova “legge sull’economia circolare”[13] e con il Programma di prevenzione inserito nel Piano Regionali Rifiuti[14]), mira a passare dai principi globali (carta di Milano) alle azioni locali (attraverso la deifnzione di una Carta del cibo sostenibile di Ferrara).
E punta a farlo per tappe, facendo emergere le eccellenze delle filiera territoriale “bio regionale” di produzione, distribuzione fruizione del cibo.
In un percorso “per tappe” vengono valorizzate, di volta in volta:
- la costruzione di un Distretto di Economia Solidale
- la distribzuoone in filiera corta e a chilometro zero
- il ruolo dei Gruppi di Acquisto Solidali
- il ruolo della GDO nel processo devolutivo
- la presenza di ristoranti che uniscono la valorizzazione di tradizione e alimenti locali a misure di prevenzione dei rifiuti
- l’attvità delle Onlus che interecattano le eccedenza e quelle dei centri di sostegno aglo indigenti che le utilizzano
Tra le varie tappe ne sta per essere programmata una che metta a confonto la “Carta di Milano” con le indicazioni della “Carta di Ferarra”.
Per diffondere tra la cittadinanza la cultura dell’educazione e della lotta alla spreco alimentare.
Ma anche per capire come sia possibile trasfortmare indirizi generali di sostenbilità in azioni capaci di coinvolgerebe modificare il modus oerandi degli stake holders sul terreno locale, spingendoli a cercare il loro vantaggio sul terreno della sostenibilità ambientale e sociale.
Elemento costante e comune e tutte le inziative è il monitoraggio del rifiuto non creato attraverso la devoluzione delle eccedenze e le altre iniziative che il progetto sostiene (in questo momento – ad esempio – sta per partire quella sulle “eco vaschette” con la quali “portare a casa” il cibo non consumato nei ristoranti),
Perchè ho voluto intrecciare il commento a fatti di prevenzione rifuti ad un ragionamento sulla COP21?
Perchè esaminando un “caso” di possibile declinazione dello spirito (e delle lettera) dell’accordo di Parigi in ambito settoriale – i rifiuti – e su contesti territoriali definiti, se ne possono valutare i possibili contributi alla lotta al cambiamento climatico.
E si può anche capire come si tratti di terreni sui quali si può “praticare” sul terreno locale un’economia circolare, capace di ridurre e ottimizzare l’uso delle risorse.
Ho voluto farlo riprendendo azioni concerte relative al flusso più presente nei nostri “rifiuti” (la filiera delle matrici organiche).
Sarebbe interessante allargare e diversificare il campo di analisi.
Credo si confermerebbe che la prevenzione dei rifiuti è una dei “settori” più promettenti che cominciano a caratterizzare e caratterizzerano crescentemete un’economia che si voglia circolare.
[1] http://www.fondazionesvilupposostenibile.org/f/Documenti/2016/Cop21_Patto_di_Parigi_traduzione_in_italiano.pdf
[2] Che sottolineano come per la prima volte gli USA abbiano accettato di fare la loro parte o come sia stato avviato un dialogo “riequilibratore” con i paesi emergenti per capire come il loro sviluppo possa fare i conti con la sostenibilità e via dicendo …
[3] Che rilevano come abbia contato di più la voce dei grandi gruppi economici ed energetici che quella dei territori e addirittura degli stati più a “rischio”, e via dicendo…
[4] Si è passati dalla necessità di stare sotto ai 2°C alla volontà di fare ogni sforzo per non aumentare la temperatura media glo
bale rispetto all’era preindustriale di più di 1,5 °C. A ciò si aggiunge il tentativo di raggiungere, nella seconda metà di questo secolo, l’azzeramento delle emissioni globali nette di gas serra – attraverso un equilibrio fra emissioni antropiche e assorbimenti.
[5] Che entrerà in vigore, e sarà valido per tutti i Paesi che hanno aderito alla Convenzione quadro del 1992 (quasi tutti, Stati Uniti e Cina compresi), quando sarà sottoscritto da almeno 55 Paesi che rappresentino almeno il 55% delle emissioni mondiali di gas serra: sarà quando questo quorum verrà raggiunto che l’accordo acquisterà forza politica.
[6] http://docslide.it/documents/enzo-favoino-scuola-agraria-del-parco-di-monza-chair-wg-biological-treatment-iswa-il-contributo-della-gestione-dei-ru-alla-lotta-al-cambiamento-climatico.html
[7] Programma Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti, adottato il 7 ottobre 2013 con Delbera Direttoriale del Ministero dell’Ambiente – http://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/comunicati/Programma%20nazionale%20prevenzione%20rifiuti.pdf .
[8] http://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio_immagini/Galletti/Comunicati/PINPAS%2010%20MISURE%20PRIORITARIE%205%20GIUGNO%202014.pdf
[9] http://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio_immagini/Galletti/Comunicati/alma_mater_bologna/Stop%20food%20waste%20feed%20the%20planet%20-%20provisional%20agenda.pdf
[10] http://carta.milano.it/wp-content/uploads/2015/04/Italian_version_Milan_Charter.pdf
[11] http://www.regione.lombardia.it/cs/Satellite?c=News&childpagename=Regione%2FDetail&cid=1213745931373&pagename=RGNWrapper
[12] http://www.officina-dinamica.org/3-ottobre-iv-tappa-di-avanziaamo-fra-gli-eventi-collaterali-al-festival-di-internazionale-a-ferrara
[13] http://bur.regione.emilia-romagna.it/dettaglio-inserzione?i=e08c3ac15eeb4fb1902978ea32f39a72 . V. Art. 3 “Prevenzione, raccolta differenziata, riuso ” – comma 3 3. Il regolamento relativo al corrispettivo del servizio di gestione dei rifiuti può prevedere agevolazioni per le imprese che attuano azioni finalizzate alla prevenzione nella produzione di rifiuti, con particolare riferimento a quelle destinate ad opere benefiche e sociali ovvero alle attività che abbiano ottenuto formale certificazione del punto vendita sotto il profilo ambientale, nell’ambito di accordi istituzionali sottoscritti con la Regione e l’Agenzia territoriale dell’Emilia-Romagna per i servizi idrici e rifiuti (Atersir) di cui alla legge regionale 23 dicembre 2011, n. 23 (Norme di organizzazione territoriale delle funzioni relative ai servizi pubblici locali dell’ambiente).