Lo scorso 11 dicembre Legambiente ha presentato il report annuale Ecomafie dedicato alle illegalità ambientali. Il rapporto presenta, anche quest’anno, l’analisi dei dati frutto dell’attività svolta da forze dell’ordine, Capitanerie di porto, magistratura, insieme al lavoro del Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, del ministero della Giustizia e di Cresme consulting.
Alcuni dati contenuti nel rapporto.
Nel 2019 aumentano i reati contro l’ambiente: sono ben 34.648 quelli accertati, alla media di 4 ogni ora, con un incremento del +23.1% rispetto al 2018. In particolare preoccupa il boom degli illeciti nel ciclo del cemento, al primo posto della graduatoria per tipologia di attività ecocriminali, con ben 11.484 (+74,6% rispetto al 2018), che superano nel 2019 quelli contestati nel ciclo di rifiuti che ammontano a 9.527 (+10,9% rispetto al 2018). Da segnalare anche l’impennata dei reati contro la fauna, 8.088, (+10,9% rispetto al 2018) e quelli connessi agli incendi boschivi con 3.916 illeciti (+92,5% rispetto al 2018). La Campania è, come sempre, in testa alle classifiche, con 5.549 reati contro l’ambiente, seguita nel 2019 da Puglia, Sicilia e Calabria (prima regione del Sud come numero di arresti). E, come ogni anno, in queste quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa si concentra quasi la metà di tutti gli illeciti penali accertati grazie alle indagini, esattamente il 44,4%. La Lombardia, da sola, con 88 ordinanze di custodia cautelare, colleziona più arresti per reati ambientali di Campania, Puglia, Calabria e Sicilia messe insieme, che si fermano a 86. Da capogiro il business potenziale complessivo dell’ecomafia, stimato in 19,9 mld di euro per il solo 2019, e che dal 1995 a oggi ha toccato quota 419,2 mld. A spartirsi la torta, insieme ad imprenditori, funzionari e amministratori pubblici collusi, sono stati 371 clan (3 in più rispetto all’anno prima), attivi in tutte le filiere: dal ciclo del cemento a quello dei rifiuti, dai traffici di animali fino allo sfruttamento delle energie rinnovabili e alla distorsione dell’economia circolare.
Anche nel 2019 il ciclo dei rifiuti resta il settore maggiormente interessato dai fenomeni più gravi di criminalità ambientale: sono ben 198 gli arresti (+112,9% rispetto al 2018) e 3.552 i sequestri con un incremento del 14,9%. A guidare la classifica per numero di reati è la Campania, con 1.930 reati, seguita a grande distanza dalla Puglia (835) e dal Lazio, che con 770 reati sale al terzo posto di questa classifica, scavalcando la Calabria. Per quanto riguarda le inchieste sui traffici illeciti di rifiuti: dal primo gennaio 2019 al 15 ottobre del 2020 ne sono state messe a segno 44, con 807 persone denunciate, 335 arresti e 168 imprese coinvolte. Quasi 2,4 milioni di tonnellate di rifiuti sono finiti sotto sequestro (la stima tiene conto soltanto dei numeri disponibili per 27 inchieste), pari a una colonna di 95.000 tir lunga 1.293 chilometri, poco più della distanza tra Palermo e Bologna.
Oltre ai reati legati al ciclo del cemento, resta diffusa la piaga dell’abusivismo edilizio con 20 mila nuove costruzioni (ampliamenti compresi) che secondo le stime utilizzate dall’Istat nell’ambito del Bes (l’indicatore del Benessere equo e sostenibile), resta su livelli intollerabili per un paese civile: quella, provvisoria, del 2019 è del 17,7% sul totale delle nuove costruzioni e degli ampliamenti significativi.
“La causa di questa persistenza dell’abusivismo edilizio in Italia è duplice: le mancate demolizioni da parte dei Comuni e i continui tentativi di riproporre condoni edilizi da parte di Regioni. Per questo diventa indispensabile, oggi più che mai, lanciare una grande stagione di lotta all’abusivismo edilizio, prevedendo in particolare un adeguato supporto alle Prefetture nelle attività di demolizione
A crescere è anche il numero di inchieste sulla corruzione ambientale, quelle rilevate da Legambiente dal primo giugno 2019 al 16 ottobre 2020 sono state 134, con 1.081 persone denunciate e 780 arresti (nel precedente Rapporto le inchieste avevano toccato quota 100, con 597 persone denunciate e 395 arresti). Il 44% delle inchieste ha riguardato le quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso, con la Sicilia in testa alla classifica (27 indagini). Da segnalare, anche in questo caso, il secondo posto della Lombardia, con 22 procedimenti penali, seguita dal Lazio (21).
Nella Terra dei Fuochi, nel 2019 sono tornati a crescere di circa il 30% rispetto al 2018 i roghi censiti sulla base degli interventi dei Vigili del fuoco, arrivati quasi a quota 2.000.
Preoccupanti anche i dati sugli incendi boschivi scoppiati nella Penisola: nel 2019 sono andati in fumo 52.916 ettari tra superfici boscate e non, con un incremento del 261,3% rispetto al 2018. I reati accertati sono stati 3.916, con una crescita del 92,5% sull’anno precedente. Il 50,3% dei reati si concentra nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa, dove è andato in fumo il 76% del territorio percorso dal fuoco a livello nazionale, con la Calabria (548 reati) in cima alla classifica.
Infine il Rapporto descrive le illegalità sulla gestione di Pneumatici fuori uso (PFU), buste di plastica e gas HFC. Le stime, elaborate sulla base delle conoscenze acquisite grazie alle attività svolte dall’Osservatorio flussi illegali di pneumatici e pneumatici fuori uso, fanno oscillare i flussi di pneumatici messi illegalmente in commercio tra le 30.000 e le 40.000 tonnellate annue, con il mancato versamento del contributo ambientale per circa 12 milioni di euro e un’evasione dell’Iva di circa 80 milioni di euro. Uno scenario confermato dalle segnalazioni raccolte attraverso la piattaforma di whistleblowing “Cambio pulito”, attraverso 361 denunce con 301 società, italiane e straniere, segnalate per la vendita illegale di pneumatici, dall’online al dettaglio.
Secondo l’Osservatorio di Assobioplastiche, nel nostro paese vengono commercializzate circa 23.000 tonnellate di buste usa e getta fuori legge, per un valore complessivo di 200 milioni di euro. In media, su 100 buste in circolazione 30 sarebbero completamente fuori norma. Non si tratta soltanto di quelle di plastica ma anche di buste “pseudo-compostabili”: nel corso degli ultimi 5 anni il tasso di non conformità verificato dai laboratori Arpa si è attestato intorno al 60%. Infine, il mercato parallelo e illegale di gas HFC ammonterebbe nel 2019 in Europa ad almeno 3.000 tonnellate. In termini di impatto ambientale, questo commercio illecito può essere valutato in circa 4,7 milioni di tonnellate equivalenti di CO2, pari alle emissioni generate dall’utilizzo medio annuale di 3,5 milioni di automobili di ultima generazione. Secondo l’EFCTC si tratta, con ogni probabilità, soltanto della punta dell’iceberg.
Il Rapporto Ecomafia 2020 si può acquistare nelle migliori librerie o direttamente sul sito shop.edizioniambiente.it
Il video della presentazione è disponibile qui 
Fonte: La Nuova Ecologia