È stata pubblicata l a sintesi del rapporto Spreco alimentare: un approccio sistemico per la prevenzione e la riduzione strutturali di ISPRA.
L’attenzione sullo spreco alimentare, molto legata alla produzione di rifiuti,  è emersa recentemente come una delle principali questioni ambientali e socio-economiche che l’umanità si trova ad affrontare, manca ancora una metodologia certificata in grado di quantificarlo e valutarne gli effetti ambientali. Per questo motivo  ISPRA  dedica una prima parte del rapporto all’analisi della letteratura internazionale e analizza le connessioni più rilevanti tra lo spreco alimentare e altri temi, così da costruire una visione d’insieme socio-ecologica: il consumo di suolo, di acqua, di energia e di altre risorse, il degrado dell’integrità biologica, i cambiamenti climatici, l’alterazione dei cicli dell’azoto e del fosforo, la sicurezza e la sovranità alimentare, la bioeconomia circolare. Dall’esame dei quadri concettuali esistenti ISPRA  formula una  proposta di definizione sistemica che comprende anche elementi fondamentali di spreco finora poco considerati. Si indagano in dettaglio le cause e i condizionamenti strutturali lungo le filiere, in particolare emergono differenti quantità di spreco associate a diversi modelli di sistema alimentare. Il rapporto poi analizza ed elabora a livello mondiale, europeo e italiano i dati disponibili, evidenziando dimensioni ed effetti critici dello spreco.
I principali dati riportati nel rapporto di ISPRA.
Lo studio ritiene che lo spreco alimentare in Italia, se misurato in termini energetici, sia stimabile intorno al 60% della produzione iniziale. Il  rapporto  ISPRA  stima l’impronta  ecologica  dello  spreco: incide  sul deficit di biocapacità (ossia  la capacità  potenziale  di  erogazione  di  servizi  naturali) per  più  del  58%  globalmente,  del  30%  nell’area del Mediterraneo e del 18% in Italia, dove da solo impiega più del 50% della biocapacità del Paese.  I suoi effetti ambientali sono associati soprattutto alle fasi iniziali della catena di produzione agroalimentare.
La tendenza globale dal 2007 al 2011 indicherebbe un notevole aumento di sprechi tra produzione e fornitura (+48%), una sovralimentazione in fortissimo aumento (+144%) e uno spreco in consumo e vendita al dettaglio che diminuisce del 23%.  Del 44% di spreco globale, il 24% è causato da inefficienza di allevamenti animali, pari al 55% degli sprechi totali, in Europa arriva a toccare il 73% degli sprechi e in Italia il 62%; l’inefficienza di conversione di input edibili in derivati animali è nel mondo circa il 64%, in Europa e Italia circa il 77%. Nel fabbisogno   alimentare,   l’Italia   continua   a   perdere   terreno:   il   tasso   di   auto-approvvigionamento   (rapporto   percentuale tra la produzione interna e il fabbisogno alimentare nazionale) è sceso all’80%, soprattutto in conseguenza dell’esodo  rurale  e  dell’abbandono  agricolo.
L’Italia  è al  primo  posto  in  Europa  per  abbandono  rurale agricolo: la Superficie agricola utilizzata (SAU) è diminuita negli ultimi trent’anni del 22%. I dati del Rapporto ISPRA indicano approssimativamente che per evitare di abusare delle capacità biologi che sia necessario ridurre gli sprechi su tutta la filiera produttiva per almeno un terzo degli attuali nel mondo, di un quarto in Italia. Nei sistemi alimentari locali, ecologici, solidali e provenienti da piccole aziende, lo spreco è mediamente 8 volte inferiore a quello delle imprese agricole di grandi dimensioni. È quindi necessario incentivarne la diffusione come principale misura di prevenzione dello spreco.
La sintesi del rapporto pubblicata è disponibile al seguente link
Fonte – ISPRA