La legge regionale sull’economia circolare, appena approvata, ne pone le basi normative. Ora spetta alle azioni di Atersir e dei gestori cominciare a trasformare un bel disegno in realtà, gli indirizzi in azioni.
Indice generale
- Premessa
- I contenuti della legge
- I nodi da affrontare, per trasformare gli indirizzi in buone pratiche
Premessa
Per chi si occupa di rifiuti l’Emilia-Romagna è sempre stata la Regione della razionalizzazione industriale del settore e della grandi aziende pubbliche di gestione.
Una razionalizzazione che da anni ha cominciato ad essere un po’ “datata”, basata com’era sui grossi investimenti impiantistici sullo smaltimento, su un contenimento dei costi di raccolta – basato sul progressivo aumento dei volumi dei cassonetti per il rifiuto residuo RUR (cui si affiancava l’introduzione del mezzo mono operatore) e su una larga assimilazione, tesa a portare nella privativa comunale e sotto il controllo del gestore pubblico ampie fette di rifiuto speciale.
Sono questi i motivi che hanno fatto dell’Emilia Romagna (con la Toscana, per motivi analoghi) la Regione italiana con la più alta produzione pro capite di rifiuto urbano RU.
Ora pare che il vento del nord[1] cominci a soffiare anche qui, portando ad una riflessione sui modelli virtuosi che hanno consentito a Regioni con un settore produttivo analogamente sviluppato[2] di ottenere un contenimento della produzione dei rifiuti, avviandone poi comunque quote consistenti al riciclaggio.
Sul piano normativo la pubblicazione della legge regionale sull’economia circolare[3] segna una netta inversione di tendenza e una vera rivoluzione non solo nell’atteggiamento sulla prevenzione ma più in generale nello sguardo verso la gestione dei rifiuti.
La sintetizza il primo comma dell’art. 4 quando dice “La riduzione dei rifiuti non inviati a riciclaggio costituisce il criterio principale per la valutazione di efficienza nella gestione dei rifiuti.”.
I contenuti della legge
Per rispettare la gerarchia europea di gestione rifiuti[4] si assegnano alla pianificazione regionale obiettivi ambiziosi da raggiungere entro il 2020:
a) la riduzione della produzione pro capite dei rifiuti urbani dal 20 per cento al 25 per cento, rispetto alla produzione del 2011;
b) la raccolta differenziata al 73 per cento;
c) il 70 per cento di riciclaggio di materia.
Per raggiungere questi obiettivi si prevedono diverse azioni[5], tra le quali l’utilizzo di strumenti economici per ridurre i rifiuti (e in particolare i RUR), la lotta allo spreco alimentare, i progetti di riuso, l’applicazione puntuale della tariffa.
La centralità della riduzione dei rifiuti e in particolare di quelli non inviati a riciclaggio viene confermata dalle misure (in particolare dai finanziamenti) messe in campo per perseguirla.
Viene creato presso Atersir[6] un “Fondo d’ambito di incentivazione alla prevenzione e riduzione dei rifiuti”[7], alimentato attraverso la tariffa rifiuti[8] e (dal 2016) da una quota dell’eco tassa. Il fondo è destinato a due “scopi”: a) premiare, con una diminuzione del costo del servizio di igiene urbana, gli utenti dei Comuni che nell’anno precedente hanno prodotto un quantitativo pro capite di RUR inferiore al 70% della media regionale; l’incentivo ai comuni è calcolato in maniera progressiva ed automatica rispetto ai quantitativi non inviati a riciclaggio; b) ridurre i costi di trasformazione del servizio dei Comuni che intendono applicare una raccolta porta a porta (almeno per i RUR e per il rifiuto organico[9]), per l’implementazione di sistemi di tariffazione puntuale, e per la realizzazione dei centri comunali per il riuso e per progetti comunali di riduzione della produzione di rifiuti.
La ripartizione del fondo tra i due scopi sarà paritaria fino al 2019, mentre successivamente la proporzione sarà di due terzi e un terzo.
Atersir produrrà[10] un Regolamento per definire i criteri per l’attivazione e la ripartizione del Fondo – sentita la Commissione consiliare competente e una Commissione tecnica indipendente, definita dall’Agenzia con funzioni consultive.
Questa Commissione indipendente va sentita in relazione alle azioni cui destinare l’utilizzo del Fondo sulla base dei risultati qualitativi e quantitativi dei sistemi di gestione posti in essere, oltre che per individuare il meccanismo per trasformare in abitanti/equivalenti le diverse utenze non domestiche e le utenze domestiche non residenti, nonché i coefficienti correttivi degli abitanti/equivalenti che tengano conto delle maggiori difficoltà per il raggiungimento degli obiettivi per determinati comuni, a causa di dispersione territoriale, flussi turistici o pendolarismo.
Dopo aver sentito la Commissione tecnica indipendente e la Commissione consiliare, Atersir deve predisporre le linee guida per l’applicazione della tariffa puntuale differenziata per utenze domestiche ed utenze non domestiche, basata sul criterio principale di minimizzazione della produzione dei rifiuti ed in particolare sulla minimizzazione dei rifiuti non inviati a riciclaggio, e determinare le tempistiche della sua applicazione, che dovrà avviarsi su tutto il territorio regionale entro e non oltre il 31 dicembre 2020, con priorità per l’applicazione alle utenze non domestiche anche prevedendo verifiche sull’impatto ed eventuali correttivi.
La legge considera infatti la tariffazione puntuale lo “strumento per incentivare prioritariamente il contenimento e la riduzione della produzione di rifiuti e per potenziare secondariamente l’invio a riciclaggio delle diverse frazioni di rifiuti tramite le raccolte differenziate.”[11],
Si sostiene che la tariffa, per dirsi puntuale, può essere applicata “in via prioritaria attraverso il riconoscimento del singolo utente costituito da famiglia o impresa”, ma anche “attraverso il riconoscimento di un gruppo limitato di utenti per il solo caso delle utenze domestiche. Il gruppo di utenti è al massimo commisurato alle dimensioni dell’edificio abitativo.”.
Questa “deroga” è una inutile complicazione, perché ormai le tecnologie di identificazione e attribuzione del rifiuto prodotto alla singola utenza sono mature, sia dal punto di vista processistico che da quello economico, anche per essere applicate a situazione abitative intensive (dai condomini ai grattacieli …).
Se la parte variabile della tariffa deve “ essere direttamente proporzionale alla quantità di rifiuti misurata ” va mis
urato almeno il RUR, ma anche la misurazione delle principali frazioni differenziate può concorrere alla tariffa puntuale, per favorire il raggiungimento degli obiettivi di prevenzione della produzione di rifiuto e di miglioramento della qualità della raccolta differenziata.
La legge indica[12] le modalità, o combinazioni di esse, riferite alla misurazione del rifiuto:
a) mediante contenitori a volumetria predefinita consegnati all’utente;
b) mediante conteggio dei ritiri di sacchi standard o numero di svuotamenti di contenitori a volumetria predefinita consegnati all’utente;
c) misurazione del volume del rifiuto mediante la volumetria dei contenitori consegnati all’utenza, o mediante sacco prepagato o mediante meccanismi di misurazione volumetrica inseriti nei contenitori utilizzati da più utenze;
d) misurazione del peso tramite pesatura dei rifiuti conferiti dai singoli utenti attraverso contenitori dedicati, oppure tramite uso di sacchetti contrassegnati, o mediante dispositivi di pesatura nei contenitori di raccolta per più utenti, oppure sistemi di pesatura nei centri di raccolta.
Agevolazioni e e riduzioni tariffarie[13] sono previste;
a) come agevolazioni per le imprese che attuano azioni finalizzate alla prevenzione nella produzione di rifiuti, con particolare riferimento a quelle destinate ad opere benefiche e sociali[14] ovvero alle attività che abbiano ottenuto formale certificazione del punto vendita sotto il profilo ambientale, nell’ambito di accordi istituzionali sottoscritti con la Regione e l’Atersir;
b) come sconti sulla tariffa per il compostaggio domestico, per sostenere i conferimenti presso i centri di raccolta ed altre iniziative virtuose disposte dai regolamenti comunali e per casi e ragioni socio-sanitarie.
Si possono quindi far passare attraverso i Regolamenti comunali sulla tariffa incentivi alle azioni di prevenzione (che possano essere certificate).
Resta però aperto e non chiarito con la dovuta nettezza un tema sul quale la normativa nazionale è “lacunosa” e che in Emilia i gestori hanno posto in più occasioni.
Le agevolazioni e riduzioni applicabili in regime tributario TARI vanno poste a carico della tariffa o pagate con altre entrate comunali (come oggi si far per il sostegno tariffario ad utenze socialmente deboli).
E’ evidente che una logica eco fiscale, che veda la tariffa come strumento economico per perseguire politiche di settore virtuose, pone il pagamento di benefit per le utenze che si rivelano virtuose a carico di quelle che virtuose non vogliono essere, e non a carico di tutti, come sarebbe nel caso del ricorso a risorse derivanti dalla fiscalità comunale (oltre a tutto sempre più “povera”).
Elementi di supporto a questa tesi si possono però riscontrare anche in una corretta interpretazione della normativa tariffaria in divenite, ma anche in essere.
Che l’evoluzione della normativa si muova in questa direzione è confermato dalla Proposta di legge antispreco, in discussione in parlamento[15]. Vi si legge (a proposito di come incoraggiare la devoluzione del cibo non utilizzato alla strutture che sostengono la “dispensa sociale”: … sulla parte variabile della tariffa … sia applicato un coefficiente di riduzione, determinato dall’ente locale senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, proporzionale alle quantità di prodotti che il produttore dimostri di aver ceduto … per soli fini benefici o per il sostegno vitale di animali a titolo gratuito.
Vuol dire che questa riduzione si paga con la tariffa e non incide sulle fiscalità generale.
Ma questa interpretazione “eco fiscale” è del tutto possibile anche con il quadro normativo attuale.
Agevolazioni e riduzioni tariffarie sono trattate dalla normativa in vigore all’art.1 delle Legge 147/13 (nei commi da 659 a 661).
Il 659. prevede che il Comune, con Regolamento gestione TARI, possa prevedere riduzioni tariffarie per le utenze domestiche[16].
Con il 660 il comune con Regolamento può deliberare ulteriori riduzioni ed esenzioni … (ma) La relativa copertura può essere disposta attraverso apposite autorizzazioni di spesa … attraverso il ricorso a risorse derivanti dalla fiscalità generale del comune stesso..
Viene però in soccorso della possibilità di porre a carico della tariffa agevolazioni e riduzione per le utenze non domestiche che devolvono le eccedenze il comma 661, che dice che il tributo non è dovuto in relazione alle quantità di rifiuti assimilati che il produttore dimostri di aver avviato al recupero.
Se si va alla definizione di legge di recupero[17] si vede come la donazione di eccedenza alimentari dai produttori alle Onlus ne può essere considerato una fattispecie.
Sulla base di quanto sopra riportato, le utenze non domestiche che producono un rifiuto avviato al recupero (il prodotto cibo di scarto che torna ad essere prodotto cibo utilizzabile nella ristorazione sociale – con semplici operazioni di cernita e selezione) non devono la TARI tributo per le superfici di produzione del Food Waste (FW), limitatamente a questo tipo di rifiuto.
Avranno diritto ad un sconto per queste superfici – da stabilire col Regolamento comunale TARI.
Per determinare l’indice di riduzione si potrà partire dalla produzione del FW, dalla valutazione di quanta parte ne viene devoluta e di qual’è il risparmio per i costi di servizio, riconoscendone una quota alle utenze, meglio se con una procedura condivisa tra le parti.
I nodi da affrontare, per trasformare gli indirizzi in buone pratiche
Un quadro normativo molto innovativo ha però ora bisogno di trovare applicazione: alla volontà espressa con molta chiarezza dagli amministratori regionali deve ora far riscontro quella degli amministratori locali e soprattutto della azione pubbliche di gestione rifiuti, oltre che alla piena assunzione da parte di Atersir del ruolo chiave che la legge gli assegna .
E’ allora opportuno segnalare i principali adempimenti necessari.
- la trasformazione del servizio deve partire dalla implementazione della capacità di misurazione e attribuzione dei rifiuti prodotti alle singole utenze e deve darsi tempi certi e inderogabili. Fondamentale è il ruolo di Atersir e la sua capacità di definire (e gestire) i Capitolati per le gare e i contratti di servizio negli ambiti locali e Linee Guida per la ”trasformazione” tariffaria. La data limite del 2020 può essere anticipata (e comunque resa realmente ultimativa) assumendo la chiusura del ciclo di ammortamento degli investimenti in processistiche e tecnologie di raccolta “superate” (grandi contenitori e grandi mezzi mono operatore) e/o progettando la gestione di questo parco mezzi/attrezzatura in altri ambiti si servizio (dalla fornitura di servizi integrativi alla utenze non domestiche – che facilmente si potrà rendere necessaria nel caso di restringimento dei limiti dell’assimilazione alla loro alienazione).
- Vanno chiarite o interpretate le norme che puntano a favorire prevenzione e riduzione della produzione dei rifiuti. Questo comporta fare chiarezza su tre aspetti di carattere normativo, pianificatorio ed economico:
a. il costo delle ridu
zioni tariffarie alle iniziative di prevenzione (in ambito TARI) va definito come interno ai costi di settore (esplicitando la natura eco fiscale tariffa rifiuti). Alla luce della interpretazione sopra ricordata i gestori non devono avere dubbi sul fatto che vanno pagate in tariffa e sono a carico delle utenze meno virtuose e non della fiscalità comunale . Sarebbe utile emanare una circolare interpretativa o definire un Regolamento di gestione tariffa tipo a livello regionale
b. per dare credibilità gestionale all’indirizzo normativo che ribadisce che la gestione del settore parte dalla prevenzione dei rifiuti ogni ambito locale deve dotarsi di un suo programma di prevenzione dei rifiuti a livello di ambito (PAPR), che la integri alla sua pianificazione, a partire dalle indicazione della Legge regionale sull’economia circolare e dalla contestualizzazione delle indicazioni del Programma Nazionale e soprattutto del Programma Regionale di riduzione.
c. La definizione e alimentazione presso Atersir di un “Fondo d’ambito di incentivazione alla prevenzione e riduzione dei rifiuti” (alimentato attraverso la tariffa rifiuti e da una quota dell’eco tassa) segna l’internalizzazione dei costi della prevenzione in tariffa, con il loro inserimento nel Piano economico e Finanziario (PF). Considerandoli Costi Comuni il legislatore ha forse voluto dire che sono una sorta di presupposto per il buon funzionamento del sistema. Mi sembra però che l’integrazione venga meglio sottolineata da una collocazione tra i Costi dl Gestione, che segnalerebbe che la prevenzione non è un presupposto esterno ma il punto di partenza della gestione dei rifiuti e che in quanto tale i suoi costi vanno sostenuti da tutte le utenze.[18]. Inoltre, la proposta di attribuirne la copertura a tutte le utenze attraverso l’applicazione di una (molto contenuta) addizionale va nel senso di far capire che si tratta di una dato di gestione che tutti devono pagare, come pagano per raccolta e trattamento dei rifiuti.
Perchè sia possibile passare da una buona legge a buone pratiche è fondamentale la conoscenza e lo scambio delle esperienze e dei problemi applicativi che comportano.
Va sottolineato come questo potrebbe essere il senso della previsione di un percorso di consultazione “aperto”, introdotto significativamente all’art. 1 su Obiettivi e finalità dellla legge.
La Giunta regionale istituirà un “Forum permanente per l’economia circolare” cui partecipano le istituzioni locali, i rappresentanti della società civile, le organizzazioni economiche di rappresentanza delle imprese e le associazioni ambientaliste, definendo le modalità di partecipazione, anche avvalendosi di appositi strumenti informatici.
[1] Quello che porta il cambiamento (la citazione è dal film francese Chocolat).
[2] Il pensiero va in primo luogo al Veneto, poi a Piemonte e almeno in parte Lombardia.
[3] Legge regionale 05 ottobre 2015, n. 16 “Disposizioni a sostegno dell’economia circolare, della riduzione della produzione dei rifiuti urbani, del riuso dei beni a fine vita, della raccolta differenziata e modifiche alla legge regionale 19 agosto 1996 n. 31 (disciplina del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi) “ pubblicata su bollettino ufficiale n. 253 del 5 ottobre 2015 – V. http://demetra.regione.emilia-romagna.it/al/monitor.php?vi=nor&dl=3ab60073-74be-7670-3b7a-56138721af60&dl_id=10&dl_t=xml&dl_a=y&ev=0
[4] a) prevenzione; b) preparazione per il riutilizzo; c) riciclaggio; d) recupero di altro tipo; e) smaltimento.
[5] V. art. 1 comma 7 …
a) incentivare con meccanismi economici i comuni che ottengono i migliori risultati di riduzione dei rifiuti ed in particolare di minimizzazione della produzione pro capite di rifiuto urbano non inviato a riciclaggio;
b) favorire i progetti e le azioni di riduzione della produzione dei rifiuti urbani;
c) favorire i progetti e le azioni di riduzione dello spreco alimentare a partire dalla fase di produzione e commercializzazione del prodotto, anche supportando la redazione di linee guida per le imprese, le associazioni e gli enti locali e la condivisione di buone prassi;
d) favorire i progetti di riuso dei beni a fine vita;
e) favorire i sistemi di raccolta differenziata che consentono di ottenere la minimizzazione della produzione dei rifiuti, la massima differenziazione dei rifiuti ai fini del loro riciclaggio e la migliore qualità delle frazioni raccolte separatamente, quali le raccolte domiciliari di tipo porta a porta o sistemi equipollenti che ottengano pari risultati in termini di minimizzazione della produzione pro capite di rifiuti non inviati a riciclaggio;
f) applicare la tariffa puntuale quale strumento per la riduzione della produzione di rifiuti e di sostegno al miglioramento della qualità delle raccolte differenziate prevedendo specifici meccanismi incentivanti;
g) promuovere lo sviluppo dell’impiantistica collegata al riuso e al riciclaggio, sia per le frazioni differenziate che per il rifiuto residuale;
h) promuovere la ricerca sul rifiuto residuale al fine di modificare a monte sia la produzione dei beni non riciclabili, sia le modalità di gestione carenti di risultato;
i) promuovere lo sviluppo dei centri di raccolta (CDR) in sinergia ai centri per il riuso secondo quanto stabilito nelle linee guida applicative di cui all’articolo 3
[6] L’ Agenzia territoriale dell’Emilia-Romagna per i servizi idrici e rifiuti, cui partecipano obbligatoriamente tutti i Comuni e le Province della Regione. Creata dall’art. 4 della LR 23/2011, essa esercita le proprie funzioni per l’intero ambito territoriale ottimale regionale, attraverso il consiglio d’Ambito, mentre i Consigli locali lavorano sul piano di sub ambiti in qualche modo in rapporto alle Provincie.
[7] Da Art. 4 , vedere commi 2. e 3.:
2. Al fine di incentivare la riduzione dei rifiuti non inviati a riciclaggio, viene costituito presso Atersir il Fondo d’ambito di incentivazione alla prevenzione e riduzione dei rifiuti, di seguito denominato Fondo, alimentato da una quota compresa tra i co
sti comuni del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani e, a decorrere dall’anno 2016, dal contributo derivante dalla quota parte del tributo speciale di cui all’articolo 11 della legge regionale 19 agosto 1996, n. 31 (Disciplina del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi), nonché dagli eventuali contributi pubblici specificatamente finalizzati.
3. La quota dei costi comuni di cui al comma 2, compresa tra il 5 e il 15 per cento del costo medio di smaltimento regionale, è applicata per ogni singolo comune ai quantitativi di rifiuti non inviati a riciclaggio nell’anno precedente sulla base delle risultanze della banca dati dell’Osservatorio rifiuti sovra regionale (ORSo) della sezione regionale del catasto rifiuti presso Arpa Emilia-Romagna, ed è individuata secondo criteri stabiliti da Atersir. Il Fondo è attivato e gestito da Atersir con propri atti amministrativi.
[8] Cui tra i Costi Comuni CC verrà attribuita una quota compresa tra il 5 e il 15 per cento del costo medio di smaltimento regionale, è applicata per ogni singolo comune ai quantitativi di RUR prodotti nell’anno precedente.
[9] Qui è però previsto anche un ambiguo, nella sua imprecisa genericità “… o sistemi equipollenti che portino allo stesso risultato in quantità e qualità di riduzione di rifiuti non destinati a riciclaggio. “
[10] V. comma 6 Art. 4.
[11] Art. 5 comma 1.
[12] Art. 5 comma 3.
[13] Art. 5 comma 6 + art. 3 comma 3.
[14] Da attuare con il regolamento relativo al corrispettivo del servizio di gestione dei rifiuti
[16] Per quelle con unico abitante; di uso stagionale o limitato e discontinuo; laddove non vi sia residenza per più di 6 mesi all’estero; nei fabbricati rurali ad uso abitativo.
[17] V. art. 183 “Definizioni” Dlgs 152/06 e s.m.i.. Comma 1 lett.h
… h) recupero: le operazioni che utilizzano rifiuti per generare materie prime secondarie, combustibili o prodotti, attraverso trattamenti meccanici, termici, chimici o biologici, incluse la cernita o la selezione, e, in particolare (ma non esclusivamente), le operazioni previste nell’Allegato C alla parte quarta del presente decreto; …
[18] L’inserimento del Costi di prevenzione rifiuti rifiuti (CPR) nel Piano economico e finanziario della tariffa tra i Costi di Gestione è una misura già posta anche all’attenzione di Atersir dall’associazione Payt Italia; e fatta propria dal documento sull’andamento del programma Nazionale di Prevenzione Rifiuti posta dal MinAmb all’attenzione del Parlamento.