Il punto sulla campagna di Rifiuti zero contro i campioni del “nostro spreco quotidiano”.
Segnalammo a suo tempo la campagna lanciata nell’agosto del 2016, con il coinvolgimento del Centro Ricerca Rifiuti Zero del Comune di Capannori, Zero Waste Italy e Associazione Ambiente e Futuro per Rifiuti Zero contro “la doppia sporca dozzina”, cioè sulle alternative all’uso di 24 beni considerati i più refrattari alla possibilità di azzerare i rifiuti residui da smaltire, perchè non riusabili né riciclabili.
Il Centro Ricerca Rifiuti Zero del Comune di Capannori era riuscito ad individuare, con una analisi attenta e continuata svolta sul rifiuto residuo che esita in una situazione di raccolta differenziata spinta come quelle del comune toscano1, quei prodotti che appaiono – allo stato – privi di un’alternativa allo smaltimento, perchè non riusabili, né riciclabili né compostabili.
Questi prodotti rappresentano ciò che ad oggi non risulta “digeribile” dal “sistema di di-gestione degli scarti” e rappresentano un evidente “errore di progettazione industriale” in quanto non pensati per essere riutilizzabili o recuperabili sotto forma di materia da avviare a riciclo.
Ecco la “Black List”:
1-Pannoloni, pannolini, assorbenti femminili
2-Cotton fioc
3-Accendini monouso
4-Spazzolini da denti
5-Tubetti di dentifricio
6-Figurine ed adesivi
7-Scontrini fiscali
8-Capsule e cialde per il caffè monoporzionato
9-Appendini in plastica
10-CD, Floppy disk
11-Chewingum
12-Rasoi usa e getta
13-Mozziconi di sigarette
14-Stoviglie usa e getta (cucchiai, forchette, coltelli in plastica)2
15-Penne a sfera, pennarelli, evidenziatori
16-Guanti in lattice monouso
17-Salviette umidificanti
18-Cerotti per medicazioni
19-Nastro adesivo
20-Carta Carbone, carta forno
21-Carta plastificata (bicchieri, imballaggi non Tetrapack)
22-Tovaglie, tovaglioli monouso in Tessuto Non Tessuto (TNT)
23-Carte di credito scadute, bancomat e tessere plastificate
24-Lettiere sintetiche per gatti ed animali domestici.
Ora Rossano Ercolini di Zero Waste Italia ci ricorda che, se “riduzione” è la parola chiave (posta dall’Unione Europea al primo posto nella sua piramide sulla gestione dei rifiuti), si tratta di capire come fare per applicarla al tema della diminuzione del numero di rifiuti non facilmente riciclabili.
Rifiuti zero ci propone due strade: “… la prima è quella della sensibilizzazione delle persone agli acquisti consapevoli, la seconda, maggiormente incisiva e su cui puntare con forza, è quella della ri-progettazione industriale di beni e prodotti, principio alla base dell’economia circolare, e la Responsabilità Estesa del Produttore, che spesso è rappresentato da grandi imprese multinazionali.”3.
E che gli studi del Centro Ricerca Rifiuti Zero del comune di Capannori, Zero Waste Italy e l’Associazione Ambiente e Futuro per Rifiuti Zero, non si sono limitati all’individuazione dei 24 prodotti denominati – appunto “la doppia sporca dozzina” – ma hanno studiato quali possono essere le alternative all’uso, già possibili per alcuni di essi.
Vediamo, nel dettaglio, alcuni di questi e le loro possibili alternative in commercio.
Assorbenti femminili, pannolini e pannoloni – Questo “flusso” di rifiuti, come ci ricorda Ercolini, rappresenta circa il 25% del totale dei rifiuti urbani residui (RUR) e quindi una delle “voci” più importanti per abbattere la produzione di rifiuti difficilmente riciclabili.
Per gli assorbenti esistono alcune alternative, ad esempio, in commercio si trovano quelli biodegradabili da conferire nell’organico (ma non nell’auto-compostaggio in quanto richiedono un trattamento negli impianti industriali di compostaggio), altra alternativa è rappresentata dalla coppetta mestruale igienica e funzionale.
Per i pannolini l’alternativa più efficace rimane il pannolino lavabile che, però, per essere sufficientemente comoda va integrata con un servizio di lavanderia per permettere alle famiglie di disporre, ad un costo ragionevole, del servizio di lavaggio, se non intendono effettuarlo in autonomia. Si potrebbe pensare, ad esempio, di ubicare il servizio di lavanderia negli asili nido facendolo, magari, gestire da una cooperativa sociale.
Più complicato è il problema dei pannoloni, per i quali risulta utile fare i conti con lo “stato dell’arte”, ovvero con tutte quelle tecnologie in grado di riciclare questi rifiuti evitando così la produzione di una mole di scarti destinati solo ad essere smaltiti.
Cotton Fioc – E’ questo un oggetto che Legambiente assume come paradigmatico di come i nostri comportamenti “leggeri” portano ad esiti gravi (in questo caso di inquinamento marino) senza che neppure ce ne rendiamo conto4. Ma ci sono alternative a quelli non riciclabili, spesso scaricati nel water close e quindi corresponsabili dell’inquinamento da plastiche nei mari; ne esistono, infatti, di vegetali ed anche in plastica biodegradabile.
Accendini mono uso – Si può fare a meno degli accendini usa e getta utilizzando quelli ricaricabili (USB). Certo, all’inizio costano di più ma possono durare molto a lungo.
Spazzolini da denti – Ne esistono di canna di bambù interamente biodegradabili (ed auto compostabili) come esistono quelli in cui si può sostituire la parte a contatto con i denti, ovvero la testina consumata.
Tubetti di dentifricio – Esiste il dentifricio in pastiglie in confezioni di vetro/carta e quindi riciclabili. Interessante e simpatico anche prodursi in proprio il dentifricio. Ovviamente, questo per i più motivati e coerenti.
Figurine adesive – Esistono alcune soluzioni per ridurre o evitare di ricorrere agli adesivi (le figurine adesive non possono essere riciclate perché plastificate). Tra le altre soluzioni, quella dell’album prodotta dal WWF nel quale si sistemano le figurine non plastificate negli appositi angoli “ad incastro”.
Scontrini fiscali in carta termica – Gli attuali scontrini sono prodotti in carta chimica non riciclabile (vanno messi nell’indifferenziato), dal 1996 se ne prevede la dismissione ed un sistema alternativo che mantenga tutte le caratteristiche tese ad evitare le evasioni fiscali. Purtroppo il loro utilizzo continua nonostante si possa procedere nella stessa funzione attraverso sistemi informatizzati.
Capsule e cialde per il caffè monoporzionato – Questo caso studio è certo il più famoso lanciato nel 2010 dal CRRZ che ha portato alcune importanti marche di caffè ma anche la grande distribuzione a produrre sistemi in plastica biodegradabile. La battaglia non è vinta ma sono stati fatti dei passi nella giusta direzione. La cosa peggiore è comunque il grande sviluppo delle cialde anche a livello domestico e dato che in questo caso la scelta sta è solo nostra – non va dimenticato che l’uso della moka resta l’alternativa ambientale (e a io avviso anche di gusto, proprio per mantenere quella distinzione tra il “caffè in casa” e il “caffè fuori”) preferibile
Appendi abiti (in plastica) – A differenza di quelli in ferro, che possono essere conferiti nelle isole ecologiche (i metalli sono ben remunerati), quelli in plastica, dopo una circolare di COREPLA (che li riconosce parte dell’imballaggio), possono essere conferiti nel multi-materiale. Così la doppia sporca dozzina fortunatamente perde un membro che nessuno rimpiange.
CD–DVD – Abbiamo appreso che possono essere facilmente riciclati. Il CD è in policarbonato e i DVD in PVC. Il problema purtroppo non si risolve perché se tali possibilità tecniche di riciclo sono disponibili, esse possono valere per i venditori di “dischi” e non per le utenze domestiche che dovrebbero essere informate sulla necessità di conferire tali prodotti nelle isole ecologiche (in alternativa al loro smaltimento). Una buona idea potrebbe essere quella di fornire i negozi di dischi e tutte le scuole di appositi contenitori dove conferire i vecchi CD.
Gomme da masticare – Esiste un’unica gomma biodegradabile disponibile grazie al mercato equo e solidale.
Rasoi usa e getta – Per questi prodotti oggi si punta a promuovere soluzioni commerciali che moltiplicano il numero delle prestazioni di un’unica lametta. Meglio, sempre, la testina ricaricabile.
Mozziconi di sigarette – Meglio non fumare! Comunque per la normativa vigente i mozziconi devono essere raccolti attraverso sistemi diffusi dai Comuni e gli abbandoni devono essere sanzionati con multa. Talvolta all’abbandono della “cicca” corrisponde l’abbandono in strada del pacchetto che invece è perfettamente riciclabile essendo in cartoncino e foderato all’interno con carta stagnola.
Stoviglie usa e getta – I Comuni possono fare tanto, ad esempio usare nelle mense pubbliche solo piatti in ceramica e normali posate e dotare le strutture di lavastoviglie.
In feste, sagre e simili, si può, nell’ordine, usare la cellulosa della canna da zucchero (piatti, bicchieri ecc. completamente compostabili ed auto compostabili), contenitori realizzati con foglie di palma e solo in ultimo le bio plastiche. Occorre, in proposito, che i Consigli comunali adottino specifici regolamenti modulando con incentivi e disincentivi il ricorso alle buone pratiche.
Penne e pennarelli – Per i pennarelli che i bambini a scuola consumano in quantità notevoli abbiamo trovato alcune marche che vendono pennarelli ricaricabili che il Centro Ricerca Rifiuti Zero (CCRZ) sta testando per verificarne le prestazioni.
Carta forno – Bisogna fare attenzione al momento dell’acquisto, infatti, sul mercato sono disponibili modelli biodegradabili conferibili nell’organico. Qui la sensibilità del consumatore può fare la differenza!
Ho voluto riproporre il tema delle alternative di progettazione e di uso ai prodotti che rendono lineare e dissipativo il ciclo dei materiali.
Se dopo estrazione, produzione, distribuzione e consumo si esita un rifiuto non riutilizzabile, riciclabile, compostabile l’economia non è sostenibile, perchè incapace di una circolarità auto rigenerativa.
Allora sono due i soggetti che vanno chiamati a correggere queste “storture” delle filiere produttive.
- Le aziende che producono e immettono sul mercato beni e prodotti, che sono chiamate a “correggere le storture” e ad assicurare di immettere sul mercato solo beni e prodotti riutilizzabili, riciclabili, compostabili
- Chi sceglie e utilizza il bene di cui si serve. Tutti noi veniamo chiamati ad essere “consum-attori” scegliendo non solo le filiere più corte e locali dove è possibile (e ormai i GAS si muovono anche ben al di là dell’alimentare), ma anche assumendoci la possibilità che i beni che acquistiamo abbiano la possibilità di rimanere nei cicli di utilità e ri – produzione.