Il Cluster Trasporti del CNR ha promosso e finanziato il progetto PATHs to 2030, che si avvale della collaborazione di Università e Centri di ricerca (Università della Campania Luigi Vanvitelli, Università Federico II di Napoli, Universitas Mercatorum, CNR– Stems), per tracciare una fotografia aggiornata al 2019 di quanto i trasporti incidono sulle emissioni di gas inquinanti e in termini di consumo di energia. La novità dello studio sta nel fatto che si basa sull’incrocio e comparazione di dati disponibili provenienti da diverse fonti, che in alcuni casi sono anche molto distanti tra loro.

Il progetto è iniziato nella primavera 2022, è arrivato ora ad un primo importante traguardo: la presentazione dei risultati intermedi, la restituzione dei dati che rappresentano la base condivisa su cui improntare le politiche più adeguate per perseguire in maniera efficace gli obiettivi di decarbonizzazione. Un inventario del trasportato per segmenti e numero di veicoli in Italia. Strumento di indagine sugli effetti emissivi e di consumo di energia. Che racconta anche la difficoltà di fare previsioni certe per il futuro.

Scopo dello studio PATHs to 2030 è redigere un inventario del traffico, cioè stabilire quanti veicoli/km sono presenti su strada, quante emissioni producono e di quanta energia hanno bisogno. In seconda battuta, lo studio si propone di tracciare possibili scenari tendenziali al 2030 di decarbonizzazione, per capire quanto vicini si possa arrivare alla soglia dei valori previsti dal Fit for 55.

I dati delle emissioni e consumo energetico dei trasporti su strada

I primi risultati del progetto sono stati presentati dal presidente del Cluster Trasporti Ennio Cascetta nel corso di un incontro convocato presso il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili.

Lo studio ha evidenziato come un problema di fondo sia costituito dal fatto che negli studi precedenti, nella quantificazione delle emissioni nel nostro Paese, viene sottovalutato l’impatto del trasporto merci su strada. Emissioni che pesano per il 40% sul totale. Aspetto che rende difficile immaginare percorsi di raggiungimento degli obiettivi Fit for 55.

In base ai dati ufficiali Ispra i trasporti nel nostro Paese pesano per il 25% sul totale delle emissioni e nel 2019 sono aumentati del 5% rispetto al 1990. Il 92% delle emissioni è prodotto dal trasporto su strada.

La maggior parte degli studi disponibili sia per il settore merci che passeggeri sono basati su politiche ASI – cioè sulla logica Avoid, Shift, Improve – o semplicemente Improve, cioè il miglioramento del parco circolante, privilegiando in particolare i veicoli elettrici. In questi studi però per lo più non è chiaro il percorso attraverso cui arrivare agli obiettivi del 2030 e in molti casi si arriva alla conclusione che si tratti di scenari irrealizzabili.

La novità dell’approccio di PATHs to 2030 consiste nel fatto che il quadro di riferimento viene ricostruito sulla base di dati che provengono da molte fonti diverse – Mims, Ispra, Isfort, Istat, Aiscat, Anas, Aspi, Aci – che vengono elaborati in un meccanismo di validazione incrociata top/down e bottom/up.

La rilevazione riguarda tutta la rete di autostrade, strade urbane ed extraurbane, automobili, veicoli per il trasporto passeggeri – dalle auto ai bus – veicoli commerciali, leggeri e pesanti, prendendo in esame complessivamente 60 segmenti.

In particolare per il trasporto merci i dati si distanziano molto da quelli presenti nelle singole fonti utilizzate, questo soprattutto perché ogni singolo studio è frutto di un approccio specifico e prende in esame i dati da una sola angolazione: le rilevazioni Istat sono campionarie; quelle di Autostrade si basano sui dati dei caselli; in larga misura sulle autostrade circolano veicoli di nazionalità non italiana, di cui dunque non possediamo tutti i dati.

Dall’analisi della serie storica riguardante le merci, emerge un calo sulla componente urbana/extraurbana dal 1990. Mentre aumenta sulla rete autostradale. Non corrispondono con questa versione i dati Anas. Nelle autostrade circola dal 20 al 50% dei veicoli/km del totale trasporto pesante. Per le aree urbane i dati sul trasporto merci sono estrapolati dai PUMS.

Il dato complessivo registra circa 500 mld di veicoli/km/anno: 400 mld sono rappresentati da trasporto persone (di cui 386 mld sono automobili); 90 mld sono costituiti da merci, che quindi rappresentano il 18% del totale, una quota che in termini di emissioni si traduce nel 37% del totale, prodotte da veicoli pesanti soprattutto in autostrada, da veicoli leggeri in area urbana ed extraurbana.

I possibili scenari ASI

E stata avviata anche la seconda parte dello studio riguardante la definizione degli scenari tendenziali. Attualmente questa parte della ricerca è la meno consolidata della ricerca. Si tratta di previsioni forecasting, cioè sulla base di elementi che abbiamo a disposizione nel presente, quindi le politiche e l’impianto normativo attuale.

Naturalmente in questo caso ci sono dei forti fattori di incertezza che condizionano l’evoluzione di trasporti: la crisi geopolitica, il reshoring delle rotte, l’evoluzione dell’offerta, con un mercato dei veicoli che dovrà fare i conti con la disponibilità di componenti per le diverse alimentazioni e gli impianti legislativi.

Sostanzialmente però si tratta di previsioni basate su politiche ASI, declinate su due possibili scenari, uno ottimistico e uno più prudente. Quindi prevedere meno veicoli/km (es. non far viaggiare veicoli vuoti), prediligere modalità di trasporto più sostenibili rispetto alla strada attraverso lo shift modale (ferro, mare), utilizzare mezzi che producano meno emissioni, quindi più giovani e con alimentazioni alternative.

Per quanto riguarda il traffico passeggeri, la previsione più ottimistica vede il ritorno ai flussi 2019; secondo la previsione più prudente invece il traffico rimarrà su livelli inferiori rispetto a prima della pandemia.

Per quanto riguarda l’aspetto dell’Improve, la tendenza dipenderà da quanto la gente sarà disposta a cambiare automobile e da quali tipi di automobile sceglierà. In base ai dati Aci, nei primi anni 2000 il tasso di sostituzione era intorno all’8% annuo; con gli anni della pandemia la cifra si dimezza sostanzialmente, intorno a un 4%. In questo caso la previsione ottimistica vede un ritorno ai livelli di sostituzione dei primi anni 2000, e comunque intorno al 5,9%, quindi con una rottamazione consistente di auto vecchie; la previsione pessimistica, invece, è che si rimanga ai dati che hanno contraddistinto gli anni Covid.

Un discorso a parte poi va fatto su come si rinnova il parco auto. Nel 2019 le auto elettriche sono il 5% del venduto; una previsione ottimistica si attesta al 30%, quella più prudente si ferma al 10% del totale delle auto nuove.

Le auto ibride rappresentano una quota marginale del mercato fino al 2019; il dato cresce a partire da qui in poi grazie agli incentivi e la previsione più ottimista si attesta a un 50% delle nuove auto nel 2030.

Nello scenario ottimista, quindi, solo il 20% delle auto vendute nel 2030 sarebbero con motori a combustione.

Il trasporto merci inquina di più

Per quanto riguarda le merci, la questione è più complessa perché già oggi il traffico è superiore al 2019. La previsione ottimista si concretizza nella possibilità che entro il 2030 i viaggi superiori ai 300 km avvengano su ferrovia, prevedendo dunque il mantenimento di incentivi come Ferrobonus e Marebonus.

In questo caso conta il tasso più lento di rinnovo che caratterizza i mezzi pesanti: nell’ipotesi ottimistica, si potrà tornare ai livelli pre-Covid (5,2%).

Nel complesso dei veicoli commerciali, c’è la possibilità che 1/3 sia composto da veicoli Bev e per il resto da Euro 6, facendo sparire gli Euro 0.

Il Gruppo di lavoro ha tracciato infine due scenari limite. Nel primo, tutti i nuovi veicoli sono elettrici, sia per il trasporto persone che merci. Il verificarsi di questa condizione determinerebbe una riduzione delle emissioni del 23% rispetto al 1990, quindi molto lontana rispetto all’obiettivo Fit for 55.

Il secondo scenario limite immagina che al 2030 tutto il parco circolante sia elettrico, quindi che magicamente diventino elettrici anche i mezzi non nuovi. In questo caso la riduzione di CO2 sarebbe pari al 73% (rimarrebbero comunque le emissioni prodotte dai pesanti Euro 6). Per alimentare questi veicoli sarebbe necessario aumentare del 23% la produzione di energia elettrica, quindi, a riguardo, sarebbe necessario aprire il capitolo relativo al processo di decarbonizzazione della produzione dell’energia elettrica.

Come accennato in precedenza, questa è la parte dello studio su cui si sta ancora lavorando e probabilmente i prossimi passi prevedono la messa a punto di altri possibili scenari, uno dei quali probabilmente contemplerà l’uso dei biocarburanti nel segmento dei vicoli pesanti.

Futuri immaginati in base a quello che il presente consente. Possibili scenari di back casting – cioè a partire dal risultato futuro che si vuole ottenere procedendo a ritroso – potranno essere tracciati nel prosieguo della ricerca.

Anche ipotizzando rinnovi di parco iper-forzato, però – ha ribadito il presidente Cascetta – se non si affronta il problema delle merci l’obiettivo è irrealizzabile. In assenza di politiche attive di intervento il risultato non potrà essere diverso.

Il Documento completo è disponibile qui

Fonte: CNR