Per passare dal Programma nazionale e dai programmi regionali all’attuazione pianificata delle azioni è necessario sviluppare programmi di prevenzione su base locale e settoriale
Il 7 ottobre si saprà se, quante e quali Regioni hanno ottemperato alla disposizione del Programma Nazionale di Prevenzione Rifiuti (PNPR) che prevedeva che “entro un anno le Regioni sono tenute a integrare la loro pianificazione territoriale con le indicazioni contenute nel Programma.[1]”.
In una riunione del Tavolo permanente, previsto dal PNPR, svoltasi il 7 maggio scorso, risultava che molte erano sul punto di adottare un Programma Regionale di Prevenzione Rifiuti (PRPR), integrandolo del Piano Regionale di Gestione Rifiuti (PRGR).
Abbiamo più volte sottolineato come l’adozione dei programmi regionali – specie se integrati nel PRGR, segnerà una tappa importante nel percorso di integrazione della prevenzione nella gestione rifiuti (con le azioni portate a sistema e che acquistano non solo visibilità ma peso sulla pianificazione del settore) e verso il loro passaggio alla fase operativa.
Ci sono però due passaggi che possono far fare ulteriori passi in questa direzione.
Il primo (che anch’esso abbiamo richiamato più volte) è la necessità di varare programmi di prevenzione a tutti i livelli ai quali la gestione dei rifiuti viene pianificata (dagli ATO ai Comuni), con il coinvolgimento della Aziende di gestione dei servizi.
Un elemento che potrà spingere in questa direzione sarà senz’altro l’adozione delle decisione di inserire nei Piani Finanziari della Tariffa i costi per la prevenzione dei rifiuti (CPR[2]). Questa ipotesi sta acquistando sempre maggior credito.
Viene vista con favore dal Comitato Scientifico del PNPR, è stata fatta propria da importanti associazione di settore[3], ci sono segnali che nei Piani Finanziari della tariffa 2015 più di qualche Comune e gestore farà questa scelta.
E’ importante che entri nel dibattito sulle revisione dell’istituto tariffario e in particolare in una rimodulazione del Piano Finanziario che accompagni l’attesa revisione del Regolamento di gestione della tariffa (il Dpr 158/99 è uno strumento importante, ma che va aggiornato, come del resto prevede la legge)
Vorrei qui però riproporre l’altro passaggio a mio avviso necessario (e possibile, lo stanno ad indicare numerosi indizi), che è quello dei Programmi di prevenzione di settore (produttivo, distributivo o di servizi).
Ricordo che si sta già lavorando al piano nazionale contro lo spreco alimentare (Pinpas) di cui abbiamo parlato, considerandolo il primo “piano attuativo” del PNPR, anche se ha valenze economiche e sociali che vanno anche al di là della prevenzione dei rifiuti [4] e che verrà presentato a Rimini ad Eco mondo, a novembre di quest’anno.
Un elemento nuovo in questo dibattito è stato posto a Siracusa, nel convegno organizzato da Svimed per il percorso di diffusione del programma Life NO WASTE[5].
E’ stato posto con chiarezza e recepito nelle conclusioni della Tavola rotonda dedicata alla “Prevenzione dei rifiuti con la GDO ”, nel corso del quale è stato presentato il “Piano d’azione per la riduzione dei rifiuti nella GDO”[6].
Roberto Cavallo vice presidente del Comitato scientifico del PNPR ha sostenuto nel suo intervento che per l’attuazione del PNPR sarebbe utile rifarsi anche in Italia al modello belga dei piani di prevenzione settoriali.
Mario Santi ha precisato la proposta: ogni gruppo della GDO potrebbe qualificarsi per i suoi piani di prevenzione dei rifiuti, offrendo alcuni spunti che rielaborano le indicazioni offerte per il contesto GDO dalla Linee Guida per la prevenzione dei rifiuti messe a punto nel 2010 da Federambiente e Osservatorio Nazionale sui Rifiuti[7].
Questi piani di prevenzione permetterebbero una qualificazione dell’offerta rispetto alla clientela (privilegiando il consumatore sostenibile rispetto a quello dissipativo; ed è proprio su questo che deve qualificarsi la distribuzione nell’economia circolare …) e di entrare in sinergia sia con i programmi di prevenzione territoriali che con programmi settoriali specifici (primo tra tutti il Pinpas).
Entrando nel dettaglio un programma di prevenzione rifiuti in un gruppo GDO c’è da dire che la GDO locale in virtù del suo sistema organizzativo e logistico è un importante elemento di congiunzione fra Offerta e Domanda.
La GDO può avere ruolo nel rapporto con fornitori e clienti, nonché in termini di gestione dei propri punti vendita.
Ai fornitori va chiesto il rispetto di criteri ecologici nella fornitura dei prodotti.
Ai clienti va offerta la possibilità di una spesa più eco sostenibile offrendo prodotti a basso impatto ambientale.
Nel punto vendita si possono avviare interventi diretti e orientati a produrre meno rifiuti, a rispettare specifiche di efficienza energetica e in generale a ridurre gli impatti ambientali.
Il Programma di prevenzione di gruppo della GDO può prendere in considerazione quattro tipi di azione:
a) azioni in fase di produzione o acquisto (attraverso prodotti a marchio proprio e protocolli con fornitori): prodotti a basso impatto ambientale, a bassa intensità di rifiuto (imballaggio). laddove possibile prodotti alimentari biologici e locali;
b) azione in fase vendita offrire prodotti a basso impatto ambientale, locali, biologici e a bassa intensità di rifiuto (Prodotti sfusi e/o alla spina tramite contenitori riutilizzabili; • Ortofrutta locale, biologica in cassette riutilizzabili; Pannolini lavabili per bambini; Uso di borse riutilizzabili, e solo in subordine shopper compostabili – se c’è RD e avvio al compostaggio della frazione umida);
c) azioni in fase di promozione dei prodotti, comunicazione ai propri fornitori e clienti delle scelte ecologiche perseguite;
d) ulteriori azioni per ridurre i rifiuti quali:
• Eliminazione o riduzione della distribuzione di volantini e materiale pubblicitario presso abitazioni;
• Recupero merci invendute (perché danneggiate o prossime alla scadenza) destinandole a dispense sociali e/o mense, se alimentari.
Da quest’ultimo punto di vista mi sembra di particolare rilevo che i gruppi della GDO definiscano il ruolo ruolo all’interno del programma contro lo spreco alimentare (Pinpas):
Si tratta di passare dalle esperienze già oggi avviate (dal Last Minute Market al Banco Alimentare) ad una intesa di programma quadro nazionale sul recupero tra gruppi GDO e rappresentanti associazioni caritatevoli (Caritas, Parrocchie …) e supporti logistici (terzo settore, aziende rifiuti);
Bisogna poi trasformare nei territori l’intesa quadro in accordi operativi tra i gruppi GDO e associazioni caritatevoli locali che portino a:
- una ricognizione degli operatori (dell’offerta – i negozi che hanno eccedenze – e della domanda di consumo – associazioni caritatevoli);
- valutazione disponibilità logistiche (dal volontariato al terzo settore alle aziende di gestione rifiuti) per veicolare l’offerta alla domanda nei tempi e nelle condizioni igienico sanitarie adeguate alla conservazione degli alimenti;
- le autorità
sanitarie e amministrative preposte ai controlli; - lo studio delle sinergie rispetto ad altri soggetti e la programmazione delle attività
Il dibattito è solo aperto …
[1] V. http://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/comunicati/Programma%20nazionale%20prevenzione%20rifiuti.pdf
[3] Ad es. Payt Italia (un’Associazione che raggruppa i gestori delle più importanti esperienze di tariffa puntuale nel nostro paese) e Federambiente.