Come passare da un piano di indirizzi alla piena integrazione della prevenzione nella gestione dei rifiuti e alla partenza delle azioni. Dalle buone pratiche alle proposte: indicazioni e problemi da affrontare.
La giornata di Ravenna (che è stato possibile seguire anche in streaming) è stata un momento di confronto molto ricco tra protagonisti di azioni di qualità e operatori interessati al passaggio del Programma Nazionale di Prevenzione Rifiuti (PNPR)[1] dagli indirizzi alle azioni, come annunciava il titolo del workshop.
Come ha detto nelle conclusioni Paolo Giacomelli di Federambiente – che ha promosso il workshop con la Finestra sulla prevenzione dei rifiuti – la rete di enti e operatori della quale la giornata ha rivelato l’esistenza va consolidata e merita di essere ascoltata, diventando un interlocutore del MinAmb per lo sviluppo del PNPR.
Passiamo perciò a valutare quanto è emerso, rimandando alla pubblicazione degli atti sul portale (v. i links riportati nelle note) per ulteriori approfondimenti.
Centrale è stata la discussione sul ruolo delle Regioni.
I contatti per preparare il workshop, avuti con numerose di esse, avevano rivelato una certa delusione per la riunione del 7 maggio scorso del Tavolo permanente, previsto dal PNPR, ad esse dedicate. Le Regioni richiedono un adeguato indirizzo e coordinamento da parte del MinAmb sul ruolo che i Programmi regionali di prevenzione possono avere per integrare la prevenzione alla gestione dei rifiuti e per favorire uno sviluppo pianificato della azioni, che in quella sede non hanno avuto.
Tutte le Regioni sono impegnate a chiuderli entro il 13 ottobre 2014, rispettando così la scadenza prevista dal PNPR. Questo fatto appare decisivo per consentire il passaggio da indirizzi ad azioni e per la loro integrazione nella gestione dei rifiuti
Che questa questione sia sentita è dimostrato dal fatto che alcune Regioni che intendevano partecipare direttamente ai lavori non hanno potuto farlo perché i funzionari interessati erano impegnati per gli ultimi ritocchi a Programmi regionali di prevenzione, posti all’interno di Piani Regionali di Gestione Rifiuti (PRGR) arrivati alle ultime battute prima dell’approvazione (come nel caso di Lombardia e Toscana). Quindi le Regioni si stanno attivando, applicando la previsione di legge che nel nostro paese integra la prevenzione della gestione dei rifiuti. Esse infatti affidano il compito di svilupparla proprio allo strumento principe di programmazione della gestione, che è il Piano regionale[2].
Il nostro workshop ha portato alla luce la bontà dell’impianto programmatorio della Regione Marche, che sta anch’essa concludendo i lavori di definizione del suo Programma di Prevenzione posto all’interno di un PRGR. Paola Cirilli ha illustrato il ricco percorso attuativo delle politiche di prevenzione della produzione dei rifiuti e ha spiegato come le Marche si stanno muovendo verso il programma regionale di prevenzione dei rifiuti[3].
Si passa da una ricognizione dell’esistente alla definizione di indirizzi e obiettivi, fino alla realizzazione della azioni e soprattutto si prevede la definizione di un sistema di indicatori basato sul monitoraggio delle “azioni” di prevenzione dei rifiuti. E’ un passo avanti rispetto agli “indicatori” presentati nel PNPR, riferibili a “misure” e non utilizzabili per il monitoraggio e progettazione della singola azione di prevenzione.
Sulla programmazione della prevenzione e livello regionale ora quindi sappiamo che esistono “modelli virtuosi” che possono essere presi ad esempio e contestualizzati nelle diverse situazioni regionali.
Bisogna seguire l’esempio delle Regioni che pongono la prevenzione alla testa della pianificazione, integrandola alle altre azioni e dotandola di risorse (argomento delicato, sul quale sono emerse proposte interessanti – v. più avanti) e non di quelle che la considerano un elemento “aggiuntivo” ad una gestione centrata quasi esclusivamente su raccolte e trattamento.
E non sono solo le Marche. La Regione Campania, che ha seguito i lavori in streaming ha varato un Piano attuativo integrato per la prevenzione dei rifiuti (il primo ad essere approvato, dopo l’uscita del PNPR [12] ) stanziando per la sua attuazione € 30.000.000,00, rinvenibili dall’ammontare di risorse premiali del Fondo Sviluppo e Coesione – Obiettivi di Servizio (FSC-ODS) destinate al ciclo dei rifiuti per effetto del perseguimento degli indicatori fissati dagli Obiettivi di Servizio. Una scelta strategica molto importante, perché è dimostrato che quando le Regioni (v. i casi Marche e Toscana) mettono a disposizioni risorse pubbliche per i soggetti, pubblici e privati, che avviano azioni di prevenzione, queste fioriscono, si sviluppano e si consolidano nel tempo.
Ma proprio durante il workshop è arrivata la notizia che il Dipartimento per lo Sviluppo Economico del MeF (Ministero dell’economia e delle finanza) non condivide la strada della prevenzione, prediligendo la costruzione di impianti di trattamento all’investimento in azioni “di tipo immateriale i cui risultati non sono misurabili, quali tariffazione puntuale, pannolini riutilizzabili, mense ecosostenibili, progetti pilota”. La notizia, se confermata, avrebbe dell’incredibile. Sembra si voglia colpire la capacità della Regione di pianificare nel rispetto della gerarchia comunitaria. Si dimentica forse che le continue emergenze che hanno portato ad un commissariamento da cui la Campania è da poco uscita, erano dovute proprio a questa incapacità? Che questa ha portato alle continue procedure di infrazione nei confronti del nostro paese? E’ auspicabile che il Governo ci ripensi e sostenga le scelte operate da una Regione Campania che si sta correttamente rimettendo in una logica di pianificazione del settore tesa proprio a evitare le infrazioni di cui sopra.
Questo è l’appello che rivolgiamo al MinAmb e che certamente Federambiente saprà sostenere, facendo seguito alle parole impegnative spese a Ravenna.
L’importanza di sviluppare azioni di prevenzione a livello locale è stata evidenziata da Valentina Cipriano[4], che ha riportato la decisione di Federambiente e Legambiente di replicare anche per il 2014 il Premio nazionale sulla prevenzione dei rifiuti.
I dati relativi alla prima edizione 2013 testimoniano l’importanza che il premio ha avuto per favorire diffusione locale della azioni di prevenzioni (v. anche [12]).
Alla questione del reperimento delle risorse per definire i Programmi di prevenzione a livello territoriale e per realizzare la azioni (quelle che non si sostengono con il contributo dei privati mediante intese volontarie) è stato dedicato l’intervento di Mario Santi (dell’associazione Payt Italia[5]), che ha illustrato le modalità per farlo attraverso la tariffa rifiuti, proponendo di definirle all’interno della “riforma” di questo istituto.
La tariffa rifiuti diventerebbe così centrale per la prevenzione non solo come strumento di eco fiscalità (la tariffa puntuale è il principale driver economico per ridurre i rifiuti) ma anche per la possibilità di inserire nel Piano finanziare le risorse per avviare le azioni [6].
Nel Gruppo di discussione il dibattito è stato aperto ([13]) e va portato avanti anche per legarsi alla discussione sulla riforma dell’istituto tariffario.
Paolo Giacomelli nel suo intervento ha sottolineato la piena maturità di questa proposta, che consentirebbe di alimentare programmazione e azione della prevenzione anche ai livelli locali attraverso la tariffa rifiuti.
Una tariffa, ha aggiunto poi, che se applicata in modo puntuale spinge il gestore industriale pubblico dei rifiuti a definire servizi di qualità per “guadagnarsi” la fiducia degli utenti.
E’ un percorso che sta portando alla trasformazione della Aziende da “aziende di raccolta” ad aziende ambientali a tutto tondo, capaci di applicare la gerarchia comunitaria, partendo dalla prevenzione per arrivare poi alla raccolta differenziata e al recupero di materia.
Un altro elemento importante di cui si è discusso riguarda le frazioni organiche della quali è possibile evitare la trasformazione in rifiuti.
A Ravenna si è parlato di compostaggio domestico. Tutti gli intervenuti hanno sostenuto che va a tutti gli effetti considerato prevenzione riduzione e non va assimilato alle raccolte differenziate per “gonfiare” i tassi di intercettazione..
Anche perché, come ha affermato Paola Cirilli, non si possono raggiungere gli obiettivi di prevenzione se non si considera questa azione, che è quella che pesa di più dal punto di vista quantitativo. Tanto che il Programma di prevenzione della Regione Marche supplirà al fatto che il PNPR “sorprendentemente” lo dimentica utilizzando una possibilità offerta dal PNPR stesso. Al punto 4 (indicazioni per i Piani Regionali di Prevenzione dei Rifiuti), esso consente alle Regioni, di “includere nella loro Pianificazione ulteriori Misure diverse rispetto a quelle prospettate dal Programma, in coerenza con le specificità socio-economiche e ambientali del territorio.” Sulla base di questa possibilità la Regione Marche lo ha inserito nel PRPR considerandolo azione/misura di prevenzione prioritaria (ed essendo il suo territorio particolarmente adatto a questa pratica).
Inoltre l’intervento di Enzo Favoino e Massimo Centemero, svolto a nome di Scuola agraria del Parco di Monza e Consorzio Italiano Compostatori [7] ha sostenuto come alla luce della normativa comunitaria e della prassi classificatoria nazionale (rapporto Ispra) sia meglio “considerare il compostaggio domestico come attività di prevenzione/riduzione, come è sempre stato, in grado di dare una destinazione più “naturale” ed immediata ai materiali risultanti dalla manutenzione del proprio giardino”.
E’ stata perciò espressa la necessità di chiedere al MinAmb di esprimersi in questo senso e di far chiarezza su questa questione Essa è fondamentale sia in termini di principio, sia per consentire il raggiungimento degli obiettivi di riduzione fissati al Programma Nazionale di Prevenzione Rifiuti (PNPR).
Va ricordato, anche se a Ravenna se ne è solo accennato, che l’altro tema fondamentale è l’avvio al riutilizzo delle eccedenze alimentari nei circuiti della alimentazione sociale (umana e animale).
Da questo punto di vista è centrale il ruolo del Programma nazionale contro lo spreco alimentare (Pinpas).
Il 4 Giugno (in corrispondenza con la giornata mondiale dell’ambiente del 5 giugno) il prof. Segrè, coordinatore della consulta che raggruppa i portatori di interesse impegnati contro lo spreco alimentare, e il Ministro Galletti presenteranno in una conferenza stampa il Pinpas che verrà poi approvato il 5 novembre a Ecomondo a Rimini.
Nel workshop si è affrontato anche il tema del riutilizzo, con l’intervento di Maya Battisti della Ong Occhio del riciclone, che ha parlato dell’importanza che il Riutilizzo acquista all’interno di un modello di gestione dei rifiuti realmente integrato e si è soffermata sull’esperienza che il progetto Comunitario Prisca sta consentendo di realizzare[8].
La discussione sul ruolo strategico del riutilizzo va approfondita.
Da Occhio del riciclone a alcune Regioni che stanno lavorandoci bene (Marche, Veneto – altra Regione che ha seguito i lavori in streaming) viene una spinta perché il legislatore affronti i due nodi che vanno chiariti:
- la definizione dei Decreti attuativi sui centri del riuso – per potere avere regolamenti di gestione dei centri; la questione da chiarire è se stare dentro o fuori la disciplina dei rifiuti. La pratica attuativa spesso assume prudenzialmente la linea della contiguità fisica – localizzandoli vicino o dentro ai centri di raccolta – ma da essi formalmente “separati”, per ricevere e gestire “doni” che non entrino nella gestione dei rifiuti. Ma la “seconda priorità” che la gerarchia della gestione rifiuti assegna alla “preparazione per il riutilizzo” fa pensare al fatto che un “rifiuto” può entrare nel centro di raccolta per essere “preparato per il riutilizzo” e uscirne come “bene” da riutilizzare. I regolamenti potrebbero stabilire le forme in cui questo avviene, con tutte le garanzie del caso;
- la definizione e gestione del (o dei) “Consorzio (o Consorzi) per il riutilizzo”, per rendere finalmente gestibile il riutilizzo come attività a tutti gli effetti economica (con forma di scambio che vanno della vendita al baratto al dono).
Nel Gruppo di discussione, il dibattito è stato aperto da un intervento di Maya Battisti[9] ed ha già raccolto un approfondimento.
Non a caso al tema è stato dedicata la Finestra sulla prevenzione dei rifiuti del 07/05/2014[10], che contiene un approfondimento normativo, curato da Mario Santi, su “Riutilizzo e centri del riuso e possibilità offerta dalla normativa” (scaricabile qui).
Molto interesse ha suscitato, anche per le possibilità di “modellizzazione” che apre nel settore delle aziende di servizio, l’intervento di Federica Stupino (della cooperativa Erica) che ha spiegato l’esperienza ormai consolidata della sua struttura che dal 2011 ha avviato un processo di revisione del suo funzionamento interno “verso rifiuti zero” [11].
Al Ravenna è stata da molti sottolineata la necessità che il MinAmb, anche attraverso la gestione del monitoraggio della azioni previste dai Programmi regionali di prevenzione, lavori alla definizione di “indicatori di prevenzione “, che sappiano offrire un intorno quantitativo dell’efficacia delle azioni promosse in termini di rifiuti sottratti a raccolta e trattamento.
Bisogna arrivare a superare la logica degli indicatori riferibili a “misure” ma non utilizzabili per la progettazione delle azioni di prevenzione, per arrivare ad una definizione della qualità ma anche della quantità dei loro effetti.
Mi spiego con un esempio.
Se si parla di riduzione degli imballaggi da contenitori per liquidi alimentari non ci si può limitare a valutare il numero delle case dell’acqua o dei distributori di detersivi alla spina. E’ necessario anche conoscere (con i contatori di cui vanno dotati gli apparecchi di distribuzione) il nu
mero dei litri erogati e di lì risalire al peso dell’imballaggio risparmiato (come fanno i più aggiornati Programma di prevenzione e livello locale – v. ad es. Capannori e Provincia di Reggio Emilia).
La discussione quindi ha portato da una parte ad una serie di contributi di qualità, dall’altra ha fatto emergere l’esistenza di una rete di “buone pratiche”.
L’incremento di questa rete di buone pratiche, il monitoraggio dei risultati della azioni (con la progressiva definizione e aggiornamento di “indicatori di prevenzione” – qualitativi ma anche quantitativi), la loro modellizzazione in Linee Guida in grado di fornire indirizzi continuamente aggiornati per sostenere la definizione dei Programmi di prevenzione a livello regionale e locale è un’esigenza non più rinviabile di cui deve farsi carico il Ministero dell’Ambiente.
La Finestra sulla prevenzione dei rifiuti continuerà a svolgere il suo ruolo che è quello di animare il dibattito tra operatori sul terreno della prevenzione per offrire al MinAmb un contributo per passare da indirizzi ad attuazione del PNPR.
Per questo invitiamo ad arricchire il quadro, intervenendo nel Gruppo di discussione “Programma Nazionale di Prevenzione Rifiuti – PNPR”, creato per sviluppare la discussione e rafforzare la rete (e che resta aperto).
[1] Adottato con Delibera Direttoriale del MinAmb 7 ottobre 2013 – http://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/comunicati/Programma%20nazionale%20prevenzione%20rifiuti.pdf .
[2] V. art. 199 comma 3, punto r. del Dlgs 152/06 e s.m.i..