Anche quest’anno assegnato il premio ai “Comuni ricicloni”, tenendo presente (“anche”) la prevenzione dei rifiuti. A quando un premio centrato sulla loro riduzione?
Legambiente anche quest’anno (a Roma il 14 luglio) ha premiato i Comuni ricicloni – v. http://www.ecosportello.org/).
Non val la pena riprendere i risultati che potete trovare commentati nel sito (consiglio di leggere l’introduzione dello speciale di Rifiuti oggi dedicato ai Comuni ricicloni 2011 – da esso scaricabile). Basta rilevare che nel nostro paese solo poco più di un Comune su cinque (1.738 su di 8.101 – il 21.45 %) è in regola con gli obiettivi minimi di RD fissati dalla legge al 50% per il 2009. Questo numero scende a 1.290 – il 15.92% – se per essere considerato “riciclone” si assume l’obiettivo minimo di RD che la legge prevede per il 2011 (60%), come giustamente ha fatto Legambiente.
Ormai da alcuni anni Legambiente si misura con il tema della prevenzione e riduzione dei rifiuti, e non solo con la loro raccolta differenziata e l’avvio al riciclo.
Dapprima sono stati esclusi i Comuni i cui alti indici di RD erano prevalentemente basati sulla raccolta del verde (per evitare che chi era indietro con la RD puntasse ad innalzare le sue percentuali “creando rifiuti” attraverso la raccolta di scarti vegetali, che con minori costi e migliori esiti ambientali possono essere trattati con il compostaggio domestico).
Poi si è pensato a classificare i Comuni attraverso un “indice di buona gestione” che non considera solo le RD, ma da’ un peso anche a variabili come la produzione pro capite, la separazione dei rifiuti pericolosi, i metodi di raccolta e l’efficienza del sistema, la qualità del servizio.
C’è quindi anche una attenzione alla prevenzione dei rifiuti, merito della positiva evoluzione di uno concorso storico, che tanta parte ha avuto nello stimolare i Comuni a politiche di gestione sostenibile dei rifiuti nel nostro paese.
Ora però è possibile (e a mio avviso necessario) “andare avanti”.
Vorrei provare costruttivamente a dire perchè e come superare l’”empasse”.
Se guardiamo alla costruzione dell’”indice di buona gestione” gli indicatori che qualificano i Comuni in qualche modo rapportabili alla prevenzione e riduzione della produzione dei rifiuti pesano in modo minoritario: per il 12.9% la produzione pro capite, per il 2,6% la pratica del compostaggio domestico, per il 6,4% la qualità dell’applicazione tariffaria, per il 5,1% la presenza di pubblici acquisti verdi.
Il peso relativamente più grosso ce l’ha ancora la la percentuale di RD (con il 35,6%).
Ma poi (accanto ad un 17,8 % assegnato a variabili in qualche modo legate al contesto o all’organizzazione del sistema – presenza del turismo, quantità e tipologia di servizi di raccolta attivati) pesa per ben il 19,3%[1] la quantità pro capite raccolta in modo differenziato della varie frazioni, per ognuna della quali i Comuni acquista un punteggio tanto più alti quanto più alta è la quantità raccolta: ma si tratta di rifiuti comunque prodotti, in intrinseca contraddizione alla priorità assegnata dalla normativa comunitaria alla prevenzione, per la quale il miglior rifiuto è quello non prodotto.
Nel valutare positivamente l’evoluzione di Comuni ricicloni penso quindi che sia arrivato il momento di pensare ad un premio capace di marcare maggiormente la tensione dei Comuni verso la prevenzione e la riduzione dei rifiuti e che il principale indicatore da valutare al riguardo (da solo ? in combinazione con altri ?) non possa che essere la produzione pro capite di rifiuto residuo.
In Italia si è cominciato a parlare di premiare, oltre che di “ricicloni”, di comuni “riduttori”.
E’ ovvia la disponibilità di questo spazio a divenire sede di dibattito tra chi ci sta lavorando.
[1] Sommando le percentuali si arriva a 99,6%. Probabilmente ciò è dovuto agli arrotondamenti effettuati dagli estensori del rapporto