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Rifiuti
29/03/2023

La pandemia aiuta? Cominciamo a valutare l’attenuazione della pressione sull’ambiente che ha accompagnato la crisi sanitaria e a interrogarci sulla sua “durabilità” oltre la crisi

Come superare i danni sanitari mantenendo i benefici ambientali?  E necessario avviare una riflessione sulla “ripresa”, che potrà durare solo se sarà “circolare”.


Lo slogan di incoraggiamento “Andrà tutto bene” non mi è mai piaciuto.

Una devastazione mai vista in termini di imprevedibilità sanitaria (che ora pare attenuarsi nel nostro emisfero boreale avviato verso l’estate e incrudirsi in quello australe che va verso l’inverno) non si affronta a slogan né riponendo speranze nel destino. 

Bisogna invece affidarsi all’analisi dei fatti e delle connessioni e al ruolo che vi giochiamo come singoli, come gruppi, come specie.

Allora mettiamo le carte in tavola.

Cominciano a emergere  dati sugli andamenti e ne riprendo qualcuno; non è una rassegna sistematica, ma che mi serve ad avviare il ragionamento che proporrò alla fine.

L’Istat ad esempio ha sentito il dovere di affiancare ai dati decennali che posizionano il nostro paese rispetto agli obiettivi di sviluppo sostenibile (uscito con il titolo “RAPPORTO SDGS 2020. Informazioni statistiche per l’agenda 2030 in Italia” con una serie di analisi sulla crisi e le sue conseguenze in campo ambientale.

Il rapporto annuale Istat sull’andamento degli obiettivi di sviluppo sostenibile posiziona l’Italia rispetto allo sviluppo sostenibile.

Non è  questa la sede per illustrarne o commentarne i risultati (in nota se ne possono trovare un commento[1] e il testo integrale[2])

Qui mi fermo al tatto che, essendo il rapporto uscito in piena emergenza sanitaria, è stata aggiunta una parte per indagarne le conseguenze delle misure volte a contenere il contagio sul piano ambientale e principalmente di quelle che hanno portato ad una limitazione delle attività di imprese e famiglie: in sostanza è chiaro che se da una parte il lockdown ha avuto un impatto negativo sulle attività economiche, dall’altra ha prodotto effetti positivi sulle emissioni climalteranti e inquinanti.

Nel dettaglio, lo studio dell’Istat “La stima della riduzione delle emissioni di gas climalteranti e dei precursori dell’ozono troposferico riconducibile al lockdown sarebbe pari a 11,7 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti e 98,1 mila tonnellate di potenziale di formazione di precursori dell’ozono troposferico.

Questi valori corrispondono a una diminuzione percentuale, rispetto allo scenario senza lockdown, del 2,6% per i gas climalteranti e del 4% per i precursori dell’ozono troposferico.”

Il contributo maggiore al calo delle emissioni, sostiene Istat, deriverebbe dal cambiamento dei comportamenti delle famiglie (52% del totale dei gas climalteranti e 74% in termini di precursori dell’ozono troposferico). Le imprese avrebbero contribuito all’1,7% per i primi e 1,6% per i secondi.

Venendo alle interazioni tra Covid-19 e i diversi obiettivi di sviluppo sostenibile, la pandemia ha senza dubbio evidenziato come la sostenibilità sociale sia strettamente interconnessa a quella economica e a quella ambientale.[3]

L’Enea[4] ha stimato l’effetto COVID-19 impatta sul settore energetico nazionale sul fronte dei consumi, dei prezzi e delle emissioni di CO2. 

L’analisi trimestrale del sistema energetico italiano curata dall’Ente evidenzia una diminuzione del 7% rispetto al 2019[5] dei consumi di energia primaria e finale nei primi tre mesi dell’anno, con un picco del -15% per il solo mese di marzo.   

ENEA stima un possibile calo del 20% nel secondo trimestre 2020 e di ben oltre il 10% per l’intero semestre, sia per i consumi primari che per quelli finali. 

Nel primo trimestre dell’anno le emissioni di CO2 hanno segnato una drastica diminuzione (-10% circa) con la previsione di un -15% nel semestre. 

Va infine rilevato che l’Alleanza per lo sviluppo sostenibile (ASviS) ci aiuta a capire quale impatto avrà l’emergenza in corso sulle dimensioni dello sviluppo sostenibile, con un rapporto intitolato appunto “Coronavirus e sviluppo sostenibile”[6].

In sintesi, si prevedono impatti negativi per gli obiettivi 1 (povertà), 4 (educazione), 8 (condizione economica e occupazionale), 9 (innovazione), 10 (disuguaglianze), impatti abbastanza buoni invece per gli obiettivi 7 (sistema energetico), 11 (città e comunità sostenibili), 13 (lotta al cambiamento climatico) e 16 (pace, giustizia e istituzioni solide). 

Dalla rapida panoramica di diverse fonti emerge un accordo sul giudizio che dal punto di vista ambientale il lock down ha provocato quel miglioramento sul piano ambientale che nella precedente Finestra sulla prevenzione dei rifiuti[7] mi limitavo ad abbozzare.

Che la drammatica crisi ci abbia portato, oltre ai lutti e alla crisi economica, il miglioramento di alcuni dati ambientali è un fatto positivo, ma che ci mette davanti alla nostre responsabilità. 

Siamo di fronte ad una crisi occupazionale e economica drammatica a destinata a peggiorare quando nei prossimi mesi, verranno a mancare anche quei minimi ammortizzatori sociali messi (e colo in parte) in campo dalla politica.

Vedo però con grande preoccupazione emergere una tendenza a partire come prima a più di prima, come se questa crisi non nascesse proprio da quella rottura di equilibri ambientali provocata dal modello di sviluppo energivoro e nemico del lavoro e dell’ambiente.

La linearità della produzione ha portato alla crisi e ne porterà di nuove (azzerando anche i postivi risultati in termini di riduzione della Co2).

Solo la sua circolarità può mantenere un equilibrio tra uomo ambiente ed economia.

Senza questa acquisizione, non supereremo mai questa crisi, perché è strutturalmente legata a questo modello di sviluppo.

Ricordiamo che il virus è nato da allevamenti intensivi e da un attacco alla biodiversità … e Chiediamoci se il lavoro possa venire da grandi opere distruttive di ambienti e comunità o se non ci sia più occupazione e più beneficio sociale nella manutenzione e nella protezione dei nostri ambienti, da quelli naturali a quelli urbani e antropizzati.

Solo un esempio per chiudere.

A Venezia la crisi verticale della monocultura turistica e delle attività legate ad arte e spettacolo non solo ha colpito albergatori, commercianti,  società di navigazioni, Biennale,  ma  ha azzerato redditi e vite della generazione giovane e precaria.  

Qualche giorno fa gli abitanti sono scesi in piazza ad interrogarsi sui destini di una città che hanno definito “fu – turista”.

Dietro a questo riferimento amaramente colto e spiritoso c’era il bisogno di capire come concretamente all’economia ambientalmente e socialmente devastante ed economicamente fragile del turismo della quantità si possa sostituire un turismo della qualità. 

Ma soprattutto si possa diversificare il lavoro puntando su quello ambientale e culturale e sul rilancio dell’artigianato storico e della manutenzione urbana. 

Con  il ritorno della case dalla fittanza turistica a quelle per i residenti, la trasformazione del commercio dal servizio del turista a quello di prossimità a sostegno dei vecchi e nuovi abitanti. 

La capacità di pensare prima  alle opere amiche dell’ambiente che a quelle e che lo devastano.

Queste partite si giocano ovunque, e si chiamano lotta al cambiamento climatico e  sviluppo di una economica realmente circolare.

Non andrà tutto bene, se rilanceremo il vecchio modello tornerà la crisi, di continuo e in modo ricorrente.

Dobbiamo avere il coraggio e la voglia di cambiare. Solo così potrà “andare bene”

Questo è il tema. Sarebbe interessante sviluppare il dibattito …


[1] https://www.istat.it/it/files/2020/05/SDGs_2020.pdf

[2] file:///C:/Users/Mario%20Santi/OneDrive/gruppi%2520di%2520lavoro/Documenti/UACP/rifiuti/SDGs_2020.pdf

[3]  Nel rapporto si afferma (e dettaglia) che  La crisi generata è infatti sistemica e riguarda tutti i domini; partendo dall’obiettivo relativo a salute e benessere (3), si contano effetti e/o implicazioni su quasi tutti gli altri obiettivi:

  • povertà (1), educazione (4), disuguaglianze (10) e partnership (17): la dimensione digitale, ad esempio, ha trovato una popolazione non uniformemente preparata;
  • parità di genere (5): tema importante per via del ruolo di rilievo delle donne nella pandemia e dei pericoli cui vanno incontro nella attuale situazione;
  • acqua pulita (6): tema rilevante anche solo per la necessità che l’emergenza ha imposto di lavarsi spesso le mani e si pensi a quei Paesi che non hanno ancora accesso all’acqua pulita; 
  • sistema energetico (7), condizione economica e occupazionale (8), innovazione (9): l’emergenza economica ha avuto effetti particolari sul turismo, sui trasporti, sull’energia;
  • città e comunità sostenibili (11): i sistemi urbani hanno giocato un ruolo fondamentale nella attuale situazione;
  • consumo e produzione responsabili (12) e lotta al cambiamento climatico (13): si pensi all’impatto della pandemia sull’inquinamento atmosferico da una parte e sulla produzione di rifiuti dall’altra;

fame (2), vita sott’acqua (14), vita sulla terra (15): la crisi ha reso evidente l’importanza di mantenere integri gli ecosistemi terrestri e marini e proteggere la biodiversità.

[4] http://www.arpat.toscana.it/notizie/notizie-brevi/2020/enea-effetto-covid-19-a-marzo-calo-record-delle-emissioni-di-co2

[5] Che pure era stato un anno nel quale, dopo due anni di leggeri aumenti, i consumi di energia primaria e finale sono diminuiti di oltre l’1% soprattutto a causa del calo della produzione industriale (-1,3% rispetto al 2018) e dei minori consumi di riscaldamento per le temperature più miti.  Sempre in riferimento al 2019, nella produzione elettrica è cresciuto il ruolo del gas (+9%) che è tornato ad essere la principale fonte di energia primaria (36% del mix); le fonti fossili sono rimaste stabili al 75% nonostante il forte calo (-25%) del carbone, mentre le rinnovabili hanno visto l’incremento dell’eolico (+14%) e del fotovoltaico (+9%) mentre arretra l’idroelettrico (- 6%).

[6] http://www.arpat.toscana.it/notizie/notizie-brevi/2020/coronavirus-e-sviluppo-sostenibile

[7] https://www.labelab.it/dfgh987/la-crisi-del-corona-virus-i-rifiuti-il-cambiamento-climatico-uno-sguardo-preoccupato-e-qualche-riflessione-sulle-prospettive-di-ripartenza-al-termine-della-fase-uno/

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