Gli operatori del settore intervengono con una riflessione sul tema del riutilizzo degli oggetti e del mercato che si è creato attorno a loro.
La Finestra sulla prevenzione dei rifiuti ha sempre sostenuto che un’economia circolare deve avere due facce: quella che produce beni (che poi distribuisce, consuma e ricicla) nel modo più sostenibile e quella taglia a monte i consumi di materia ed energia attraverso il riutilizzo dei beni ed un’ottimizzazione dei servizi legati a questa funzione: parliamo dell’intercettazione di beni dismessi, per sottrarli al destino di rifiuto, della eventuale preparazione per il riutilizzo, della razionalizzazione del circuito economico del riutilizzo e della vendita.
Riguardo a quest’ultimo aspetto sono attualmente in discussione in Parlamento alcune proposte di legge (968, 1065 e 1224) sul riordino del settore dell’usato in Italia.
- Compravendita di beni usati: audizioni alla Camera dei deputati

Questo fatto è stato l’occasione per una serie di audizioni di alcuni tra i più significativi operatori nazionali del settore presso le Commissioni riunite Ambiente e Attività produttive della Camera dei Deputati, presso l’Aula della Commissione Ambiente, nell’ambito dell’esame, in sede referente, delle proposte di legge recanti Disposizioni per la disciplina e la promozione dell’attività di compravendita di beni usati, istituzione del Consorzio nazionale del riuso, nonché disposizioni per la formazione degli operatori del settore.
Una riflessione che ha toccato il tema del riutilizzo degli oggetti e del mercato che si è creato attorno, cui hanno partecipato rappresentanti di Rete Onu (Operatori nazionali dell’usato); rappresentanti dell’Associazione ViviBalon; rappresentanti di Astelav s.r.l.; rappresentanti di Mercatopoli.
Vorrei riprendere e far circolare alcune parti della relazione che Alessandro Stillo, VicePresidente di ViviBalon, ha consegnato alle Commissioni1, per giustificare la richiesta di istituzione di Aree di libero scambio e chiarirne storia, regolamentazione e contenuti produttivi.
Dopo una introduzione storica che ci ricorda che “Nella società occidentale siamo sempre più avvolti in un ammasso di oggetti, abbigliamento, apparati tecnologici, insomma strumenti di uso quotidiano di obsolescenza sempre più veloce. ...oggetti ...soggetti ad un ricambio che supera di molto l’impossibilità di riutilizzo, la loro rottura e non riparabilità, ma attiene molto di più al loro status di simboli:” ci viene ricordato che “Nel mondo più di 20 milioni di persone vivono trattando quelli che per alcuni sono scarti ma che per altri possono diventare materiali di uso quotidiano”Si Si tratta di mestieri che erano regolarmente normati anche in Italia, fino a quando il cosi detto Decreto Bersani n.114 del 1998 (e Decreti attuativi del 2001) cancellarono gli articoli del TULPS (Testo Unico Leggi di Pubblica Sicurezza) che elencava i “mestieri di stracciaiolo, raccoglitore di ferro eccetera”, che avevano la facoltà di vendere su area pubblica senza licenza commerciale e con una semplice autorizzazione della Questura.
Questo vuoto normativo ha colpito alcune decine di migliaia di operatori in tutta Italia, gettando tutti coloro che prima operavano regolarmente in una situazione palesemente irregolare, sottoposta a taglieggiamenti, angherie e ammende amministrative.
La relazione sostiene che una soluzione c’è ed è l’istituzione di “Aree di Libero Scambio”, sperimentate a Torino dal 2001 e dotate di un Regolamento (più volte evoluto) che sancisce:
– la gestione delle Aree di Libero Scambio in seguito ad un Bando pubblico;
– le regole di gestione in termini di orario, accessi, pulizie, dimensioni degli stalli degli operatori;
– le tipologie di merci che possono essere vendute;
– le caratteristiche degli operatori per accedere all’attività.
Dato che queste attività coinvolgono migliaia di persone (delle quali Rete ONU stima solo un quinto operi con legittima personalità giuridica) anche città importanti (come Palermo, Genova, Roma) stanno studiando forme di regolarizzazione che ricalcano il Libero Scambio torinese.
I motivi della attuale irregolarità della situazione di molti ambulanti sono evidenziati dalla relazione “La ragione è presto detta. Sono operatori inquadrati come commercianti allo stesso modo di chi opera come ambulante nei mercati rionali, per almeno 5 giorni a settimana, con analoghi oneri contributivi. Tali oneri non sono sostenibili da un tipo di attività contraddistinta da una componente artigianale, nella fase di apprestamento del bene al riutilizzo (pulizia, stima, eventuale riparazione degli oggetti), da una raccolta che avviene nel periodo infrasettimanale soprattutto da cessioni da privati, e dal momento della vendita che avviene con periodicità settimanale.
Tale attività genera un ebt (earnings before taxation) medio che è quantificabile attorno ai 10.000 euro l’anno: un prelievo fiscale superiore alla metà di tale introito, quale è quello vigente, spinge di fatto, per un materiale istinto di sopravvivenza, alla dimensione del sommerso. L’emersione, qui, è un lusso che è evidente appannaggio dei più capaci, di chi è in grado di stare molto sopra la linea mediana. “
Si fa ancora notare che “l’informalità è diffusa anche a causa dell’informalità delle operazioni di “ (v. i casi cui con lo sgombero locali chi si libera di beni conferisce in modo improprio anche rifiuti) Viceversa si sottolinea che con le Aree di Libero Scambio si “valorizzino la raccolta “produttiva” anziché l’abbandono.”
Si ricorda infine la diffusione planetaria del “fenomeno di cittadini che raccolgono rifiuti e li reinseriscono nel ciclo di utilizzo”2, con ciò “contribuendo alla fonte a alimentare l’economia circolare, evitando la produzione di rifiuti: si calcola che un mercatino settimanale di 400 operatori eviti circa 1500 T annue di rifiuti.”
La relazione si conclude con un appezzamento del fatto che le Proposte di Legge in discussione alla Camera mettano al centro alcuni aspetti che meritano una legislazione nazionale quali:
1. l’emersione di figure di operatori sancita da una legge dello Stato;
2. l’istituzione di operatori individuati di fasce svantaggiate, per le quali il Libero Scambio è fonte importante di integrazione del reddito:
3. la generalizzazione della possibilità di istituire aree di Libero Scambio in tutta Italia, a condizioni e regimi regolamentati;
4. la possibilità degli operatori sia di conferire che di raccogliere merci nelle Aree ecologiche dei comuni e delle Aziende di raccolta rifiuti senza costi aggiuntivi;
5. l’istituzione di fasce di tracciabilità per beni di valore economico rilevante;
6. la costruzione di una identità degli operatori del settore, spesso misconosciuta;
7. la possibilità delle Amministrazioni locali di istituire Aree di Libero Scambio sui propri territori
Si tratta ora di vedere come e con che tempi il Parlamento si muoverà in questa direzione.
1Il portale EcoDalleCittà ha dedicato spazio all’argomento http://ecodallecitta.it/notizie/390989/compravendita-di-beni-usati-audizioni-alla-camera-dei-deputati/, registrazione qui.
2Il sito di Global Rec (www.globalrec.org) individua esperienze collettive di cooperative, associazioni, federazioni, enti e indica 28 paesi e centinaia di organizzazioni che fanno parte dell’economia informale nel mondo: tra esse, Rete O.N.U. (Operatori Nazionali dell’usato) realtà italiana di cui l’Associazione ViviBalon che gestisce a Torino le Aree di Libero Scambio è socia fondatrice.