Episodi ed analisi sempre più allarmanti e azioni positive a livello normativo. Approvata la legge salvamare in Italia, verso la messa al bando della plastica monouso in Europa.
Una premessa
Il “problema della plastica” ha una delle caratteristiche fondanti delle criticità ambientali: la retroattività, quella per cui si rischia di accorgersene e reagire quando ormai i processi di degenerazione sono così consolidati da rendere sempre più difficile i ritorno ad una situazione di equilibrio1.
Per questo ci torno spesso.
Questa volta parto da un po’ di rassegna di bad news appena temperata da qualche buona pratica per introdurre il fatto che la politica sembra accorgersi del problema e comincia a varare provvedimenti normativi che vanno nella direzione giusta.
Senza risparmiare la chiusa che nello stile della Finestra sulla prevenzione dei rifiuti, per cui per avere diritto di parola in campo ambientale è necessario saper dare l’esempio con i propri comportamenti.
L’attacco delle plastica – per mare e per terra. Il danno e le prime risposte
Per trovare le brutte notizie da cui partire, basta scegliere sul web, ci sono sempre aggiornamenti. Che riportano fortunatamente anche le risposte, le alternative, le pratiche di carattere positivo.
Oggi cito due fatti purtroppo per noi “non nuovi” e un altro segnalato per la prima volta sulla Finestra sulla prevenzione dei rifiuti.
La prime due sono riguardano l’inquinamento dei mari da parte della plastica.
Innanzitutto la segnalazione di una ennesima “vittima della plastica nel mare”.
Una notizia di qualche tempo fa, che segnalo prendendola non da un bollettino ambientalista nè dalla cronaca giornalistica, ma da una news di alimentazione2 per dare il senso della pervasività della percezione del problema: ancora una volta dallo stomaco di una tartaruga Caretta caretta trovata morta nel Tirreno (vicino a Camerota) è “emerso” un campionario di oggetti di plastica (un bicchierino da caffè, una confezione di M&M’s, parti di una bottiglia di plastica per bevande, alcuni dischetti di filtri…).
Poi la notizia che le “isole di plastica” dagli oceani cominciano a penetrare nei mari “interni”.
Infatti secondo WWF Italia3 “alle 5 “isole di plastica” oceaniche – due nel Pacifico, due nell’Atlantico e una nell’oceano Indiano – in cui si accumula la maggioranza dei rifiuti di plastica, si aggiunge il Mar Mediterraneo, classificato come la sesta grande zona di accumulo di rifiuti plastici al mondo.
In questo mare, che rappresenta solo l’1% delle acque mondiali, si concentra il 7% della microplastica globale, creando una vera e propria “zuppa di plastica””.
E infatti si comincia a discuterne e con preoccupazione4.
Queste “citazioni” delle pars destruens mi servono a introdurre la necessaria pars costruens, che ci consente di guardare al futuro con la fondata convinzione che questa deriva può essere invertita.
Si può partire dalle (fondamentali) buone pratiche, per arrivare alla (necessaria) sponda istituzionale.
Le prime buone pratiche sono quelle dei Comuni costieri e isolani che, toccando con mano quanto la plastica aggredisca le attività economiche sulle quali vivono (turismo e pesca) si muovono per arginare il suo abbandono a mare.
Le isole Tremiti sono state il battistrada nel nostro paese5 , presto seguite da altre situazioni.
Ai prime del 2018 è stata emessa un’ordinanza che ha vietato l’utilizzo di stoviglie e contenitori in plastica non degradabili .
“Stiamo vedendo il nostro mare ucciso giorno dopo giorno dall’uomo e dovevamo fare qualcosa subito”, ha spiegato il sindaco Fentini motivando l’adozione del divieto. Da qui un provvedimento drastico, ma ritenuto ancora insufficiente a fronteggiare la gravità della situazione. “Il prossimo passo sarà vietare le bottiglie di plastica e i contenitori di polistirolo, quelli che usano i pescatori per trasportare il pesce e che si ritrovano spesso in mare”, ha aggiunto il primo cittadino.
“Rivolgo un appello a tutti i sindaci delle isole e dei Comuni italiani che si affacciano sul mare a fare lo sesso: vietiamo tutto ciò che è di plastica e i contenitori in polistirolo. Cerchiamo tutti insieme di fare del bene al nostro pianeta”.
“I miei concittadini sono felici della mia decisione di vietare le stoviglie in plastica” – conclude il Sindaco – e quanto mi incontrano per strada mi dicono ‘Bravo, hai fatto bene'”.
Ed infatti l’iniziativa sta inducendo altre amministrazioni costiere e marine e muoversi nella direzione indicata (tra le altre: Lampedusa e Linosa)6.
Questa azione è stata supportata da una petizione del WWF tesa a rendere “plastic free” i mari d’Italia7, che come vederemo più avanti ha dato i suoi frutti.
Intanto facciamo attenzione, perché l’attacco della plastica non avviene più solo via acqua ma anche via terra …
Cinquant’anni fa una canzone sdolcinata e mielosa invitava ad affidare una lacrima al vento8.
Adamo diceva che il vento “piange però non mi vuol dir perché”; ed era preoccupato “ … ma indovino tristi cose”.
Il timore si riferiva al fatto che la sua “bella” non pensasse più a lui.
Dopo più di cinquant’anni si potrebbe scriverne una che la parafrasasse, magari esprimendo una preoccupazione più collettiva: “Affida la plastica al vento”. Mi spiego.
Una ricerca pubblicata su Nature geoscience 9 ci rivela che ormai probabilmente non c’è più alcun luogo, sulla terra, privo di contaminazioni da microplastiche. La diffusione sulla terra avviene appunto attraverso il vento, capace di trasportare le microplastiche anche nei posti più impensati.
La ricerca citata ci dice che i ricercatori dell’EcoLab di Tolosa hanno compiuto rilevazioni giornaliere per cinque mesi consecutivi in una zona che dista 6 km dal primo villaggio, 25 dal primo paese e 120 km dalla prima città di una sperduta regione dei Pirenei.
Hanno scoperto che ogni giorno vi cadono 249 frammenti, 73 pellicole e 44 fibre di microplastica per metro quadro (le fibre hanno una lunghezza media di 750 micron – millesimi di millimetro – e i frammenti di 300 micron).
L’impatto della plastica sulle emissioni climalteranti
Ed infine eccoci alla segnalazione di un nuovo pesantissimo impatto.
Una news letter de Il fatto alimentare ci segnala10 le grandi quantità di CO2 immesse in atmosfera durante tutta la filiera della plastica, dalla produzione alle diverse forme di trattamento dello scarto
L’articolo si rivela che per la prima volta uno studio condotto dai ricercatori dell’Università della California di Santa Barbara fa i conti a livello globale11.
Il quadro che ne esce è impressionate “Nel 2015, l’intero ciclo produttivo ha emesso 1,8 milioni di tonnellate di CO2, e la situazione potrebbe peggiorare molto se saranno rispettate le stime secondo le quali nei prossimi cinque anni la domanda globale crescerà del 22%.”.
A impressionare è la rilevazione della tendenza, riassumibile nel fatto che “Se non succederà nulla, nel 2050 le emissioni riconducibili alla plastica saranno il 17% del totale”.
Lo studio suggerisce alcuni interventi per contenere il danno.
Bisogna in primo luogo migliorare i tassi di riciclaggio, che oggi riguarda meno del 10% della plastica prodotta.
In secondo luogo è necessario puntare sull’aumento delle bioplastiche, che sono considerate a impatto globale neutro.
E vero infatti che la loro produzione e lavorazione – compostaggio compreso – sono associate a emissioni di CO2 .
Ma è vero anche che le piante coltivate per ottenerla consumano CO2 .
Se poi le fonti energetiche utilizzate fossero del tutto rinnovabili, il conteggio diventerebbe più conveniente: in caso l’energia usata fosse al 100% rinnovabile, le emissioni associate alla plastica scenderebbero del 51%.
Bisogna poi intervenire per disincentivare l’uso della plastica.
Questo non è semplice, ma appare relativamente più facile e già in corso nei paesi sviluppati (come abbiamo visto sopra).
In quelli in via di sviluppo presuppone un lavoro più problematico teso a non far apparire la plastica ancora un simbolo di modernità e progresso.
La conclusione degli autori dello studio è comunque che è che nessuno degli interventi individuati da solo basti e che solo adottandoli tutti si potrebbe fare la differenza.
La positiva evoluzione nella normativa
Centinaia di migliaia di firme raccolte on line hanno ottenuto un importante riscontro istituzionale, perché il 4 aprile il Governo ha approvato la cosi detta “legge Salvamare”12.
Questa legge consente ai pescatori di portare a terra la plastica accidentalmente finita nelle reti. Finora erano costretti a ributtarla in mare perché altrimenti avrebbero compiuto il reato di trasporto illecito di rifiuti, sarebbero stati considerati produttori di rifiuti e avrebbero dovuto anche pagare per lo smaltimento.
I pescatori diventeranno “spazzini” del mare, potranno avere un certificato ambientale e la loro filiera di pescato sarà adeguatamente riconoscibile e riconosciuta. I rifiuti potranno essere portati nei porti dove saranno allestiti dei punti di raccolta e verranno introdotti dei meccanismi premiali per i pescatori.
Il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha dichiarato “È una grande vittoria per il nostro mare, finalmente iniziamo a ripulire il mare dalla plastica e lo facciamo con degli alleati eccezionali – i pescatori – che conoscono il problema meglio di tutti perché ogni giorno tirano su le reti raccogliendo spesso altrettanta plastica rispetto al pescato” per poi proseguire “Quella della plastica in mare è un’emergenza planetaria, dobbiamo affrontarla adesso, non si può rinviare. L’Italia, che è bagnata per due terzi dal mare, vuole essere leader nella soluzione: appena la Direttiva europea sulla plastica monouso sarà pubblicata, approveremo anche noi la legge per dire stop al monouso”.
Ed in effetti anche su piano comunitario qualcosa si sta muovendo
Dopo un lungo negoziato, è stato raggiunto l’accordo tra gli ambasciatori degli stati membri presso l’UE, che hanno dato il via libera alla direttiva per la messa al bando della plastica monouso, che verrà ora trasmessa per l’approvazione all’ Europarlamento, per tornare poi al Consiglio per l’adozione finale13.
L’accordo prevede restrizioni alla vendita e all’uso di oggetti monouso in plastica.
Dal 2021 saranno vietati posate e piatti, cannucce, contenitori per alimenti e tazze in polistirolo espanso (come le scatole di fast food), oltre ai bastoncini di cotone per i prodotti dell’igiene tipo cotton fioc.
Altri prodotti avranno obiettivi di riduzione.
Per le bottiglie in Pet per bevande, per esempio, viene fissato un obiettivo vincolante di almeno il 25% di plastica riciclata dal 2025 in poi, calcolato come media per lo Stato membro.
Nel 2030 tutte le bottiglie di plastica dovranno rispettare un obiettivo di almeno il 30% di contenuto riciclato.14
Il vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans, considerato il padre della direttiva, ha dichiarato che “gli europei sono consapevoli del fatto che parliamo di un problema enorme e l’Ue ha dimostrato coraggio nell’affrontarlo. E che è anche importante sottolineare che, con le soluzioni concordate si sta aprendo la strada a un nuovo modello di economia circolare.
Per quanto le Ong ambientaliste Break Free From Plastics e Rethink Plastics (cui aderiscono anche Client Earth, Eeb, Greenpeace e Friends of the Earth), ritengano “troppo vaghe” le indicazioni su alcuni degli obiettivi, pure considerano le nuove restrizioni “un precedente importante”, purché i Paesi agiscano davvero.
Non dimentichiamo di “partire da noi”
In conclusione è bene vedere cosa possiamo fare noi, perché come sempre vale per questa rubrica il principio per cui è abilitato a parlare di ambiente solo che fa qualcosa per cambiarlo, ed è necessario partire dalla responsabilizzazione dei propri comportamenti. E questo vale per la aziende e per le persone.
Tre le aziende c’è di che è dotato di buon senso anticipatore.
Ad es. UniCoop Firenze, anche per offrire un’immagine green ai suoi clienti, ha deciso di anticipare la normativa europea e già dal primo giugno di quest’anno ed eliminare già dal prossimo mese le stoviglie di plastica usa e getta.
La sparizione dagli scaffali di questi prodotti eviterà di immettere in commercio – e quindi nell’ambiente – 80 milioni di piatti, 90 milioni di bicchieri e 50 milioni di posate monouso ogni anno, per un totale di di 1.500 tonnellate di plastica.15
Per spingere le aziende in questa direzione suon utili iniziative dal basso, dove più che come “consumatori” ci si manifesta come persone, attente al mondo in cui vivono (e vorrebbero continuare e vivere). Mettete il milione e settecentomila followers di Greta Thumberg16 assieme al ruolo educativo di Rossano Ercolini, maestro di vecchia scuola prima ancora che esponente di punta del movimento Rifiuti zero17 e capirete come nasce l’iniziativa dei 18 ragazzi dell’Istituto Comprensivo Micheloni di Lammari, Capannori (Lu) che scrivono ai produttori delle loro merende per chiedere che eliminino la plastica mono uso dalle confezioni .
Vedete con quale profondità di analisi e puntualità di proposta si esprimono i ragazzi, al termi
ne di un percorso di analisi e ricerca che li ha portati alla consapevolezza delle loro proposte18
E veniamo a quello che da oggi possiamo fare in prima persona
Vi passo intanto 16 modi per ridurre lo spreco di plastica suggeriti da Tutto Green (guida pratica alla green economy)19.
Se avrete la pazienza di aprire la nota vi troverete un piccolo vademecum che guida ai “comportamenti utili”.
Alcuni presuppongono un po’ di impegno, tutti una vera attenzione: soprattutto quelle di pensare che siamo sulla china sbagliata e che dobbiamo invertire e non assecondare una tendenza.
Per esperienza personale posso assicurare che son pratiche che possono anche dare soddisfazione.
Per il 15 giugno sto organizzando20 la tavolata che ci porterà in campo San Giacomo dell’orio “co scugeri e pironi” (in veneziano con cucchiai e forchette).
Se siete a Venezia venite e trovarci.
Troverete una qualità di accoglienza e di offerta gastronomica rare in una città ormai attenta alla quantità dei turisti da attrarre più che alla qualità della relazioni da proporre loro.
Le regole d’ingaggio sono due: ognuno porta il suo e si condivide tutto (e la nostra sarà una tavolata nella quale un GAS biologico21 e di cuoche/i di qualità si unirà ad una delle comunità territitiali più inclusive della città, quella delle Vida22)
Tutti portano da casa non solo cibi e bevande ma anche stoviglie posate e bicchieri.
Lo sforzo che si si fa è compensato dalla soddisfazione di cenare insieme e di godersi una serata in campo sapendo che un piccolo sforza personale evita un impatto per tutti. Nel caso i rifiuti di plastica.
Ma se venite e non avete piatti di porcellana e bicchieri di vetro, non preoccupatevi. Per non metter in imbarazzo gli ospiti inattesi e/o che vengono da lontano ci siamo dotati ci un set con piatto posate e bicchiere di plastica riutilizzabile, che vi forniremo e ritireremo a fine serata (a meno che non lo vogliate tenere, per ricordo, pagandone i costi di produzione e soprattutto impegnandovi ad altri usi).
1https://www.labelab.it/dfgh987/propositi-per-lanno-nuovo-arrestare-la-diffusione-della-plastica-in-particolare-monouso-per-salvare-gli-oceani-e-rendere-circolare-la-nostra-produzione/
2https://ilfattoalimentare.it/plastica-tartaruga-inquinamento-plastica.html
3https://www.wwf.it/plastica_nel_mediterraneo.cfm
4 E da tempo. Si veda questo https://www.nonsprecare.it/abolizione-plastica-isole-tremiti-ordinanza?refresh_censdibattito sui giornali locali e col Presidente del Parco che risalgono la 18 dic 2016) https://iltirreno.gelocal.it/regione/toscana/2016/12/18/news/nel-mare-toscano-c-e-un-altra-isola-ma-fatta-di-plastica-1.14586440 e presidente parco https://iltirreno.gelocal.it/regione/toscana/2016/12/18/news/sammuri-presidente-dell-arcipelago-agire-con-rapidita-1.14586450
5www.nationalgeographic.it/ambiente/2018/04/30/news/dal_primo_maggio_plastica_vietata_alle_isole_tremiti-3961245/
6https://www.nonsprecare.it/abolizione-plastica-isole-tremiti-ordinanza?refresh_cens
7 https://www.change.org/p/giuseppeconteit-e-sergiocosta-min-rendiamo-plasticfree-i-mari-d-italia?signed=true
8Adamo “Affida una lacrima al Vento” – https://www.youtube.com/watch?v=K4JTYZ5W1H8
9https://www.nature.com/articles/s41561-019-0335-5
10Con una interessante nota delle giornalista scientifica Agnese Codignola – https://ilfattoalimentare.it/plastica-co2.html
11Lo studio è reperibile su Nature Climate Change – https://www.nature.com/articles/s41561-019-0335-5 Come se ne esce? Gli autori suggeriscono diversi possibili interventi.
12https://www.minambiente.it/comunicati/costa-con-la-legge-salvamare-iniziamo-ripulire-il-mare-dalla-plastica
13 https://www.fondazionesvilupposostenibile.org/plastica-monouso-un-altro-si-alla-direttiva-che-ora-va-al-parlamento-ue/
14V. anche http://www.e-gazette.it/sezione/imballaggi/parlamento-europeo-stop-consumo-plastica-monouso-entro-2021
15https://ilfattoalimentare.it/plastica-monouso-unicoop-firenze.html
16https://www.instagram.com/gretathunberg/
17http://www.zerowasteitaly.org/category/logbook/
18http://www.zerowasteitaly.org/gli-studenti-scrivono-ai-produttori-la-responsabilita-estesa-dei-produttori/
19 https://www.tuttogreen.it/16-modi-di-ridurre-lo-spreco-di-plastica/
20https://anticoteatrodianatomia.org/2019/05/16/in-campo-con-scugeri-e-pironi-sabato-15-giugno/