Venerdì 18 ottobre scorso ARPA Veneto ha presentato la seconda edizione del volume Metalli e metalloidi nei suoli che completa e arricchisce il precedente lavoro sul contenuto naturale di metalli e metalloidi nei suoli del Veneto.
La valutazione dello stato di contaminazione dei suoli nei confronti di metalli e metalloidi richiede la conoscenza delle concentrazioni naturali di queste sostanze dovute alla composizione dei minerali costituenti il suolo. Tali concentrazioni infatti, soprattutto per alcuni metalli, possono variare notevolmente a seconda del materiale su cui il suolo si è sviluppato.
I valori di fondo così definiti sono un importante riferimento per operatori privati e per i tecnici delle pubbliche amministrazioni in tutti i casi in cui deve essere valutata la presenza di una contaminazione.
Per la determinazione dei valori di fondo dei metalli nel suolo è stata utilizzata la procedura della norma ISO 19258:2005 che rappresenta il riferimento a livello internazionale per le modalità di campionamento, analisi ed elaborazione dei dati, secondo un approccio che è parte anche della Linea guida SNPA per la determinazione dei valori di fondo.
La scelta dei siti di campionamento è stata effettuata seguendo un “approccio tipologico”, così come definito nella norma, cioè in funzione del materiale di partenza e delle tipologie di suolo, scegliendo i siti da analizzare all’interno di aree omogenee definite con criteri diversi.
Per la pianura, dove i suoli si sono originati da materiali alluvionali e le aree omogenee prendono il nome di unità deposizionali (fig. 1), il criterio è l’origine dei sedimenti dai quali si è formato il suolo, mentre nell’area montana, dove i suoli si sono formati dai materiali presenti sul posto e le aree omogenee sono state identificate con il nome di unità fisiografiche (fig. 2), l’elemento di differenziazione è costituito dalla litologia prevalente sulla quale si è sviluppato il suolo e la tipologia e i processi pedogenetici che caratterizzano il suolo stesso.
I risultati in sintesi

  •  I campioni analizzati sono stati complessivamente 4131, di cui 2337 superficiali e 1794 profondi. In pianura ricadono 1906 campioni superficiali e 1480 profondi, mentre nell’ambiente montano-collinare 431 superficiali e 314 profondi.
  • I metalli per i quali non si osserva in nessuna unità fisiografica/deposizionale alcun superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione sono antimonio, mercurio e selenio; a questi si aggiunge lo stagno per il quale dal 2014 non esiste più un limite normativo.
  •  Per il rame il valore di fondo supera quello normativo nell’unita del Piave (P) e in quella delle conoidi pedemontane calcaree (CC), a causa della diffusione del vigneto, almeno nel passato, nonostante l’eliminazione di tutti i dati superficiali in presenza di tale uso del suolo.
  •  Anche per il cadmio solo 2 unità, Prealpi su calcari duri (SA) e Prealpi su calcari marnosi (SD), presentano valori di fondo più alti del limite; valori prossimi al limite ma inferiori si osservano anche sui colli Berici (RB) e sempre in prealpi su calcareniti (LC).
  •  Il piombo presenta valori superiori al limite solo in area prealpina, sia su calcari duri che marnosi (SA e SD) e in area montana nell’unita delle alpi su formazione di Werfen (MW).
  •  Arsenico, berillio, cobalto, cromo, nichel, vanadio e zinco superano la concentrazione soglia di contaminazione prevista per i siti ad uso verde pubblico, privato e residenziale in numerose unità, coinvolgendo una superficie significativa del territorio regionale. Valori di fondo superiore alle concentrazioni soglia di contaminazione definite per i siti ad uso commerciale e industriale si hanno solo per arsenico nell’unità delle colline su calcareniti (RA).
  • Rispetto alla prima elaborazione eseguita da Arpa Veneto nel 2011 il numero di dati a disposizione è aumentato notevolmente ma rimangono, in particolare in alcune unità fisiografiche di montagna, alcuni metalli con un numero di dati analitici inferiore a 30, numerosità consigliata dalla norma ISO 19258 (2005). E’ da evidenziare che nelle unità per le quali nel 2011 si disponeva di pochi dati il valore di fondo non risulta molto diverso da quello calcolato nel 2016 con più di 30 dati disponibili, a dimostrazione della particolare robustezza dell’approccio tipologico nell’individuare il valore di fondo anche con una numerosità campionaria ridotta.

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Fonte: rete snpambiente