Il direttore generale di Ispra Alessandro Bratti, accompagnato dal responsabile area per la Formazione tecnica e ambientale Alfredo Pini, dalla responsabile Centro per la rete nazionale dei laboratori Stefania Balzamo e dalla tecnica della sezione Sostanze pericolose Emanuela Pace son intervenuti in un audizione alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati  sul tema della contaminazione ambientale da sostanze perfluoroalchiliche (Pfas)
Gli auditi hanno ripercorso la storia dei Pfas, dalle prime produzioni in Italia nel 1965 alla presa di coscienza nel nostro Paese della loro presenza nei corpi idrici e della loro pericolosità a partire dal 2006.
I rappresentanti di Ispra hanno spiegato che i Pfas sono sostanze stabili e persistenti, resistenti all’attacco fisico, chimico, biologico. Secondo quanto riferito, al momento non ci sono metodi consolidati di trattamento di reflui contenenti Pfas, con il risultato che queste sostanze rimangono stabili nell’ambiente. Possibili occorrenze di Pfas o di prodotti contenenti Pfas possono verificarsi, secondo quanto riferito, in stabilimenti dell’industria cartaria, tessile, conciaria e del settore galvanico, oltre che in impianti di trattamento di acque reflue urbane e industriali e in discariche.
Gli auditi hanno inoltre riferito in merito ai risultati dello screening preliminare effettuato da Ispra nel 2018 sulla presenza dei composti Pfas nei corsi d’acqua e nelle falde del nostro Paese.
I dati sono contenuti nel rapporto «Indirizzi per la progettazione delle reti di monitoraggio delle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) nei corpi idrici superficiali e sotterranei», liberamente accessibile on line sul sito dell’Ispra e Snpa. Si tratta un’indagine preliminare a livello nazionale che permetterà alle Regioni la programmazione del monitoraggio dei Pfas secondo la direttiva quadro Acque.
Fonte: Rete snpa mbiente