Da uno stato di attuazione delle norme comunitarie molto disomogeneo ad un rilancio centrato sull’economia circolare
Non si può non prendere atto che il cammino intrapreso a livello comunitario per muoversi verso una politica ambientale omogenea ha qualche problema.
Sconta ad esempio notevole disomogeneità l’approccio ai rifiuti che tende al loro “azzeramento” (concettuale e materiale) nell’“economia circolare”.
Ne potrebbe essere altrimenti, date le diversità delle situazioni di partenza e dei tempi di avvicinamento all’idea di una Europa della riduzione e del riciclo.
Due recenti atti della Commissione e del Parlamento Europeo fanno il punto sull’attuazione della normativa europea in materia di rifiuti nei vari paesi membri dell’Unione Europea.
Con il primo Il 27 febbraio 2017 la Commissione ha licenziato la RELAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI sull’attuazione della normativa dell’EU in materia di rifiuti nel periodo 2010-2012 – Attuazione della direttiva 2008/98/CE sui rifiuti, della direttiva 86/278/CEE sui fanghi di depurazione, della direttiva 1999/31/CE sulle discariche di rifiuti, della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, della direttiva 2002/96/CE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) e della direttiva 2006/66/CE sulle pile e gli accumulatori1
La conclusione non è confortante, ma lascia aperti degli spiragli.
Se infatti, si constata che “le relazioni triennali sull’attuazione redatte dagli Stati membri non si sono dimostrate efficaci ai fini della verifica della conformità alle direttive, della loro attuazione e dell’impatto da queste esercitato. “pure si afferma che informazioni più obiettive e accurate per valutare i risultati ottenuti nell’ambito della gestione dei rifiuti nei vari Stati membri consistono nei dati che tali Stati hanno l’obbligo di produrre ogni anno sui rifiuti prodotti, le loro attività di riciclaggio e recupero dei rifiuti, il conferimento in discarica e la produzione e l’utilizzo di fanghi di depurazione.
E allora, nel tentativo di migliorare la gestione di questi dati e le opportunità di un’attività di benchmarking delle metodologie di comunicazione e l’introduzione di una relazione di controllo di qualità dei dati, … nel recente riesame della politica e della legislazione in materia di rifiuti … la Commissione propone di abrogare l’obbligo per gli Stati membri a produrre relazioni triennali sull’attuazione e a basare invece il controllo della conformità esclusivamente su dati statistici qualitativi che gli Stati membri devono trasmettere alla Commissione con cadenza annuale.
Con il secondo è stata la Direttiva sui veicoli fuori uso ad essere stata sottoposta ad un “tagliando”2.
In questa situazione, che pure prende atto di disomogeneità e ritardi, è positivo che l’Europa si muova con decisione verso l’economia circolare.
Martedì 14 marzo il Parlamento Europeo ha approvato il Pacchetto rifiuti, confermando e migliorando le proposte iniziali della Commissione3 per una vera politica dell’economia circolare.
Le quattro risoluzioni approvate rappresentano la posizione negoziale del Parlamento in vista dei negoziati con il Consiglio dei Ministri UE, da cui dipenderanno le politiche di gestione dei rifiuti di tutto il continente europeo da qui al 2030 e di conseguenza l’affermazione di una vera economia circolare in Europa nei prossimi anni4.
Dopo l’approvazione, la relatrice Simona Bonafè ha detto: “Oggi, il Parlamento ha dimostrato a larghissima maggioranza che crede nella transizione verso un’economia circolare. Abbiamo deciso di ripristinare obiettivi ambiziosi per il riciclaggio e la discarica, in linea con quanto la Commissione aveva inizialmente proposto nel 2014”.
Ottimista e favorevole anche il commento del nostro ministro dell’Ambiente. “Il testo approvato– spiega Galletti- è molto elevato nei target e, per quanto ci riguarda, non potrà prescindere da un punto sul quale lavoriamo in Consiglio europeo dal primo giorno: l’armonizzazione delle regole, ovvero una spinta di pari intensità da parte degli Stati membri e un’effettiva comparabilità tra le loro performance. Ci attende un negoziato non semplice- conclude il ministro- ma è indispensabile arrivare a un testo molto ambizioso in grado di avviare l’Europa verso un futuro di crescita sostenibile”.
Il pacchetto è composto di 4 risoluzioni, rispettivamente relative a modifiche delle direttive su Veicoli fuori uso, rifiuti di pile e accumulatori e rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche5, Rifiuti6, Discariche dei rifiuti 7, Imballaggi e rifiuti da imballaggio8.
Ecco quelle che una sintesi redazionale del portale ArpatNews9 identifica come le principali novità introdotte con il voto dei Parlamentari europei.
Rifiuti e imballaggio
Entro il 2030, almeno il 70%, in peso, dei cosiddetti rifiuti urbani (familiari e di piccole imprese) dovrebbe essere riciclato o preparato per il riutilizzo, ovvero, controllato, pulito o riparato; la proposta della Commissione europea prevedeva il 65%. Oggi i paesi EU, in media, giungono al 44%, vicino all’obiettivo comunitario del 50% che dovrebbe essere centrato entro il 2020.
Per i materiali di imballaggio, come carta e cartone, plastica, vetro, metallo e legno, si propone l’80% come obiettivo per il 2030, con obiettivi intermedi per ogni materiale nel 2025.
Smaltimento in discarica
Si potranno collocare in discarica non più del 5% dei rifiuti urbani entro il 2030, con la previsione di una proroga di cinque anni a determinate condizioni per gli Stati membri che, nel 2013, hanno collocato in discarica più del 65% dei loro rifiuti urbani. Gli step intermedi sono necessari visto che nel 2014 Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Paesi Bassi e Svezia non hanno inviato rifiuti urbani in discarica, mentre Cipro, Croazia, Grecia, Lettonia e Malta ancora smaltiscono con questa modalità più di tre quarti dei propri rifiuti urbani.
Rifiuti alimentari
I rifiuti alimentari nell’UE sono stimati a circa 89 milioni di tonnellate, pari a 180 kg pro-capite annui: si stabilisce una riduzione dei rifiuti alimentari del 30% per il 2025 e del 50% entro il 2030. Si propone inoltre un obiettivo simile per i rifiuti marini.
È questa un’Europa che piace anche a Legambiente, perchè capace di indicare una strategia moderna e sostenibile per uscire dalla crisi puntando su innovazione e coinvolgimento sinergico tra cittadini, istituzioni e economia.
E infatti l’associazione ambientalista il 14 aprile ha portato a Bruxelles i “campioni italiani dell’economia circolare”10, presentando l’atlante dei campioni dell’economia circolare #circulareconomy made in Italy: 107 esperienze tra aziende, cooperative, start-up, associazioni, realtà territoriali e Comuni che hanno già investito su un nuovo modello produttivo e riciclano materie prime seconde che fino a oggi finivano in discarica.
Una prospettiva che al dato di sostenibilità ambientale aggiunge quello della sostenibilità economica se c’è chi parla dell’attivazione di 580 mila nuovi occupati e di un uso più efficiente delle risorse che farebbe ridurre le importazioni di materie prime, generando un risparmio annuo di 72 miliardi di euro per le aziende dell’Unione.
In realtà, i posti di lavoro potrebbero arrivare a 867 mila se, oltre agli obiettivi di riciclo, Bruxelles e gli Stati membri si adoperassero per misure altrettanto ambiziose in termini di riuso, in particolare nell’arredamento e tessile.
Benefici importanti anche per l’Italia, che guadagnerebbe 190 mila posti di lavoro, anche considerando quelli persi a causa del superamento dell’attuale sistema produttivo.11
Vedete la presentazione in http://www.labelab.it/dfgh987/salvate-la-data-del-19-maggio-a-ravenna-2017-si-discute-di-rifiuti-ed-economia-circolare/