La produzione di rifiuti per la prima volta si disaccoppia dalle variabili economiche (tra 2016 e 2017 calano i rifiuti mentre aumentano PIL e soprattutto spesa delle famiglie)
Premessa
Il 10 dicembre 2018 è stato presentato il Rapporto rifiuti 20181, con dati sulla produzione dei rifiuti nel 2017, curato da Ispra.
Il rapporto è disponibile solo in formato elettronico. In questo modo vengono ridotti sprechi e rifiuti cartacei, dal momento che ci si abituerà a lavorarci in rete, stampandone, al più, solo alcune parti.
Fornisco il testo per intero2 a chi vuole approfondire, consigliando di partire dal comunicato stampa di presentazione3 per farsi un’idea di inquadramento generale.
Mi soffermerò poi sugli andamenti della produzione dei RU, valutandoli in relazione agli obiettivi che si era dato il Programma Nazionale di Prevenzione Rifiuti (approvato nell’ottobre del 2013).
Qualche dato dl sintesi
Produzione di RU
La produzione di RU nel 2017 si attesta sotto le 30 milioni di tonnellate: 29,6 milioni di tonnellate, con una riduzione dell’1,7% rispetto al 2016.
Il calo si riscontra in tutte le macro aree geografiche, risultando pari a -2,2% al Sud, a -2% al Centro e a – 1,4% al Nord.
Dopo l’aumento riscontrato tra il 2015 e il 20164, si rileva dunque una nuova contrazione della produzione.
Nel quinquennio 2013 -2017 2017 si riscontra una sostanziale stabilità della produzione (+0,08%). Dopo il brusco calo del biennio 2011/2012 – concomitante con la contrazione dei valori del prodotto interno lordo e dei consumi delle famiglie – la produzione si mantiene su valori quasi sempre inferiori a 30 milioni di tonnellate.
Raccolta differenziata
Nel nostro Paese la raccolta differenziata ha raggiunto nel 2017 la percentuale del 55% con valori più alti al Nord rispetto al resto dell’Italia.
Si ricorda che la direttiva 2018/851/UE ha introdotto ulteriori obiettivi per la preparazione, il riutilizzo e il riciclaggio dei rifiuti: 50% al 2020, 60% al 2030 e 65% al 2035.
Non si parla quindi di obiettivi di raccolta differenziata e la svolta è evidente: i Comuni non debbono limitarsi a separare i flussi di raccolta, ma devono rendere circolare la gestione dei rifiuti. Il che vuol dire fa si che i beni di scarto possano essere prima preparati per il riutilizzo ed effettivamente riutilizzati e poi comunque non soltanto raccolti in modo separato, ma effettivamente avviati al riciclaggio
In Italia, la percentuale di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio si attesta al 43,9%, per tutte le frazioni contenute nei rifiuti urbani, e al 49,4%, per carta e cartone, vetro, metallo, plastica, legno e organico.
Il trattamento
In Italia solo il 47% dei rifiuti va a recupero di materia (27% secco riciclabile e 20% umido a compostaggio).
Perciò nel nostro paese ancora il 23 % dei rifiuti prodotti viene avviato in discarica (la percentuale è in calo del 6,8%); il 19% a combustione (18% incenerimento e 1% co incenerimento).
I costi
A livello nazionale, il costo totale medio pro capite annuo è pari, nel 2017 era pari a 171,19 euro/abitante per anno: 151,16 euro/abitante per anno al Nord, a 206,88 euro/abitante per anno al Centro ed a 182,27 euro/abitante per anno al Sud.
Produzione dei rifiuti e rapporto con il Programma Nazionale di Prevenzione
Gli obiettivi del PNPR
Ricordo che li Programma nazionale di prevenzione rifiuti (PNPR), adottato nell’ottobre 20135 , fissava i seguenti obiettivi di prevenzione al 2020 rispetto ai valori registrati nel 2010:
– Riduzione del 5% della produzione di rifiuti urbani per unità di PIL, precisando che nell’ambito del monitoraggio per verificare gli effetti delle misure, verrà considerato anche l’andamento dell’indicatore Rifiuti urbani/consumo delle famiglie;
– Riduzione del 10% della produzione di rifiuti speciali pericolosi per unità di PIL;
– Riduzione del 5% della produzione di rifiuti speciali non pericolosi per unità di PIL.
Ricordo ancora che nel valutare questi obiettivi concludevo la Finestra sulla prevenzione dei rifiuti dedicata a commentarne l’uscita6 rilevando un punto molto importante::
“L’utilizzo dell’indicatore relativo (riduzione di rifiuti per unita di PIL) è una scelta che misura la dissociazione della crescita economica dagli impatti ambientali connessi alla produzione dei rifiuti.
In una fase di crisi di disponibilità della risorse materiche ed energetiche come l’attuale bisogna peraltro puntare alla riduzione assoluta dei rifiuti, in quanto ”sequestratori di risorse”, indipendentemente dalla crescita economica.”.
Questo giudizio resta a mio avviso valido, ma è interessante poter valutare come la situazione sta evolvendo rispetto a quanto previsto dal PNPR.
Ce lo consente lettura di alcune tabelle, riportate dal Rapporto curato dall’Ispra.
Confronto andamento produzione RU e indicatori economici
La Fig. 2.3 (pubblicata a pag. 36) mette a confronto la produzione di rifiuti con gli indicatori economici (PIL e spesa delle famiglie) nell’arco di un quindicennio (2002 – 2017).
Fonte: Rapporto Rifiuti 2018 – Ispra
E’ evidente che tutti gli indicatori crescono fino al 2007; i rifiuti però assai di più del PIL e della spesa delle famiglie.
Dal 2008 comincia a mordere la crisi. Si ha un netto calo nei due anni successivi di tutte le variabili (il PIL peggio di tutte; per la produzione di rifiuti i cali sono assai più contenuti) una stabilizzazione ripresa per un paio d’anni (2010 e 2011) e poi ancora un calo fino al 2013 con una stabilizzazione nel 2014.
Negli ultimi anni si ha una parziale ripresa nelle variabili economiche.
Il PIL 2107 torna di poco sopra –(l’1% ) a quello del 2002,
La spesa delle famiglie recupera un po’ di più (nel 2017 è del 3% superiore al 2002).
La vera novità (da segnalare con beneficio di inventario, essendo il dato ancora troppo limitato ed incerto per fare tendenza) sta nel fatto che la produzione di rifiuti, mantenutasi per un quindicennio sempre al di sopra delle variabili economiche (nettamente al di sopra del PIL e in modo meno accentuato della spesa delle famiglie), nell’ultimo anno “finalmente si dissocia” e cala a fronte del crescere degli indicatori economici.
Per cui in quindici anni si può dire che a fronte di incrementi limitati di spesa delle famiglie (+ 3% nel quindicennio) e del PIL (appena 1% in più, dopo essere calato anche del 3%) la produzione dei rifiuti (che era arrivata tra 2006 e 2011 ad eccedere il dato 2002 dell’8 – 10% ) arriva a fine quindicennio a valori inferiori (-1%) del dato di partenza del 2002.
La figura 2.5 (pag. 37 del rapporto) si sofferma in particolare sul rapporto tra produzione rifiuti e unità di spese delle famiglie
E’ evidente che la produzione dei RU è sempre stata superiore alla capacità di spesa espressa dalle famiglie. Un po’ meno però dal 201, fino ad assestarsi negli ultimi anni e a diventare da ultimo inferiore.
Questo vuol dire che nel 2015 e soprattutto nel 2017 le famiglie producono meno rifiuti di quanto ci si aspetterebbe se la loro produzione fisse correlata alla capacità di spesa.
Produzione rifiuti e obiettivi del PNPR
Il Programma Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti individua la produzione dei rifiuti urbani per unità di PIL come uno dei parametri oggetto di monitoraggio per la valutazione dell’efficacia delle misure intraprese.
Per tale parametro è, infatti, fissato un obiettivo di riduzione del 5%, misurato in relazione ai valori del 2010, da conseguire entro il 2020.
Il Programma prevede, inoltre, che nell’ambito del monitoraggio sia considerato anche l’andamento della produzione degli RU in rapporto ai consumi delle famiglie.
Effettuando il calcolo per il periodo 2010-2017 si ottiene una variazione percentuale del rapporto RU/PIL pari al 8,5%, mentre la variazione della produzione dei rifiuti urbani per unità di spese delle famiglie risulta pari al -7,9% (Figura 2.6)I
Minori costi con la tariffa puntuale
Il Rapporto contiene anche uno studio sui comuni che applicano il regime di Tariffazione puntuale basato sull’utilizzo di sistemi di rilevazione e quantificazione della produzione dei rifiuti riferiti a ogni singola utenza servita.
L’analisi economica, che ha riguardato un campione di 341 comuni aventi una popolazione di 2.520.117 abitanti, mostra che, in generale, i comuni che applicano il regime della tariffazione puntuale presentano un costo totale medio pro-capite a carico del cittadino inferiore rispetto ai comuni a Tari normalizzata.
Non si tratta di novità, ma di un dato già messo in evdenza da uno studio fin dal 20157.
Fa ora piacere che un’autorevole pubblicazione di Ispra lo confermi.
E’ ora di misurare anche gli effetti delle prevenzione dei rifiuti
Permettetemi di segnalare in conclusione una necessità, rilevando un “buco” nella base informativa necessaria a monitorare e a progettare la gestione dei rifiuti, inserendo in modo realmente integrato la loro prevenzione al suo interno.
E’ un tema che segnalo da anni; a mio avviso la seconda questione da affrontare dopo quella (ampiamente discussa nella Finestra sulla prevenzione dei rifiuti) dell’inserimento dei suoi costi nei piani finanziari della tariffa1.
Si tratta delle misurazione degli effetti delle diverse azioni di prevenzione in termini di rifiuto sottratto alle altre fasi di gestione (raccolta a trattamento).
Esistono studi ormai consolidati sugli effetti dell’applicazione dei diversi modelli di raccolta abbinati o meno all’applicazione puntuale della tariffa sui livelli di raccolta differenziata attesi2.
Non esistono invece, dopo i primi tentativi che risalgono a una decina d’anni fa3, studi e soprattutto rilevazioni sistematiche sugli effetti delle azioni praticabili per prevenirne la formazione per flussi e/o per contesti di potenziale produzione dei rifiuti.
Si tratta di un vulnus informativo che è sempre più urgente cominciare a colmare …