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Rifiuti
04/02/2023

L'eco vaschetta per 'portarsi a casa' le porzioni non del tutto consumate nei ristoranti (un'altra forma di limitazione dello spreco alimentare)

Una buona abitudine (in Italia sperimentata con successo dalla Provincia di Trento) sta per diventare legge in Francia. I nodi (tecnici e culturali) da affrontare per una diffusione nel nostro paese.

Altro passo avanti della Francia nella lotta allo spreco alimentare: dopo l’obbligo di devoluzione dell’invenduto ai supermercati[1] ora sta per essere approvata[2] una legge che obbliga i ristoranti francesi a donare il cibo in eccesso e che li incentiva a offrire ai clienti la cosiddetta “doggy bag” o ecovaschetta, come è più appropriato chiamarla.

La Finestra sulla prevenzione dei rifiuti ha dedicato largo spazio alla lotta alla spreco alimentare, concentrandosi soprattutto sul terreno della devoluzione dell’invenduto ai circuiti del sostegno al disagio alimentare, perché questo è il terreno dove si concentrano quantità più rilevanti e dove la prevenzione dei rifiuti incontra positivamente un’azione di inclusione sociale.

Se si ferma ora su questa notizia che ci viene (ancora una volta) dalla Francia è perché è utile affrontare le resistenze che impediscono la diffusione di questo elementare presidio di prevenzione dei rifiuti.

Un’azione che ha forse minore incidenza quantitativa, ma ci spinge ad affrontare il terreno delle resistenze culturali, che riguarda la percezione che abbiamo delle azioni di prevenzione che ognuno di noi può mettere in atto.

Queste resistenze sono di due tipi:

– la diffidenza rispetto alla corretta e igienica fattibilità dell’operazione di recupero e conservazione degli alimenti;

– la resistenza culturale del cliente del ristorante a “portar via i resti” quasi fosse una pratica “socialmente riprovevole”.

Sul primo piano vorrei segnalare che questo è un problema ormai superato e che sono disponibili sul mercato vaschette compostabili dopo l’uso e in linea con e le normative igienico sanitarie.

Il portale Acquisti Verdi – La tua guida ai prodotti ecologici svolge una meritoria opera di diffusione degli acquisti ecologici nel nostro paese[3] ed è ormai possibile reperire prodotti di questo tipo su quel sito (come nel caso che  riporto a titolo esemplificativo[4]).

Ma è sul secondo terreno – quello del portar via il cibo non consumato dal ristorante – che bisogna lavorare, soprattutto sul piano culturale.

Intanto bisogna spiegare che è un’azione che la stessa Corte di Cassazione ha sancito come un diritto[5].  

Poi non dobbiamo “vergognarci” di consumare in un altro momento, a casa, ciò che abbiamo pagato.  

A nessuno viene in mente di buttar via le scarpe che gli hanno consentito di raggiungere a piedi quel ristorante e di tornare a casa, nè di rottamare l’auto che gli ha consentito di andare e tornare a quella cena.  E allora perché “buttare” il cibo avanzato, che è assieme piacere per i sensi ed energia da utilizzare?  A questo si aggiunga il carico ambientale che si evita di produrre, per la raccolta e lo smaltimento del cibo trasformato in rifiuto.

Allora  non solo non bisogna “vergognarsi” di portar a casa i resti, ma essere contenti di questa buona azione che si fa verso sè stessi e verso l’ambiente.

Certo, questo atteggiamento va preparato, con una promozione attiva da parte dei ristoratori presso la clientela che segnali la possibilità di portare a casa gli avanzi, scrivendolo in modo evidente sul menù e/o comunicandolo a voce.   E valorizzando le valenze morali e ambientali del gesto.

Così ha fatto la Provincia di Trento nell’ambito di un più ampio con il progetto di qualificazione ambientale dei ristoranti – ecoristorazione trentino[6].

E’ evidente che in quel caso l’azione è stata favorita dalla disponibilità di risorse da parte della Provincia autonoma, che non sono le stesse a disposizione di una normale Amministrazione.

Credo però che la sfida – logistica e culturale – possa essere raccolta a sviluppata, sul terreno volontario, laddove si riesca a suscitare e mettere insieme la voglia di sostenibilità di due diversi soggetti:

– una ristorazione, che sempre di più potrebbe essere attenta a favorire, oltre che il “recupero del cibo avanzato” la qualificazione della sua immagine con la proposta di prodotti biologici e di qualità e la qualificazione dell’agrobiodiversità locale, con azioni di prevenzione della produzione dei rifiuti, con in rapporto con il turismo legato alla cultura, alle valenze paesistiche, alla mobilità dolce (in particolare alla bicicletta)

– una clientela sempre più sensibile alla tematiche della sostenibilità, sia ambientale che economica.

Se questo terreno la sfida è aperta, qualcuno la raccoglierà …

 



[1]    http://www.repubblica.it/ambiente/2015/05/22/news/francia_troppo_cibo_sprecato_il_governo_bisogna_darlo_ai_poveri_-115011536/

[2]    http://www.acquistiverdi.it/news/2016/01/11/verso_lecovaschetta_obbligator12853?

[3]    http://www.acquistiverdi.it/ 

[4]    http://www.acquistiverdi.it/prodotto/contenitori_biopap_amore_raffaele_snc

[5]    La Corte di Cassazione (V sezione penale, sentenza 8 luglio 2014 n. 29942) ha dato ragione al cliente di un albergo trentino che aveva protestato aspramente col gestore quando questi si era rifiutato di consentirgli l’asporto del cibo che lui non aveva consumato. Si tratta di un provvedimento importante, che conferma quanto ormai il senso comune sia a favore di questa pratica sostenibile, che evita lo spreco di cibo, e quindi la produzione di rifiuti

[6]    http://www.eco.provincia.tn.it/Ecoristorazione_trentino

 

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