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Rifiuti
09/10/2025

Uscire da un vicolo cieco. Andare oltre cauzione e vuoto a perdere: la distribuzione alla spina delle bevande nei bar.

Prendendo spunto da un intervento di Fipe–Confesercenti: una garbata polemica, una proposta e una riflessione sul vuoto a rendere, ma anche di carattere più generale. Per un approccio dei pubblici esercenti alla green economy(e non al green washing)

Sul portale ambientale e-gazette si legge1 un intervento di Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe-Confcommercio, che rivendica la vittoria della sua organizzazione. Si riferisce alla modifica che cancella l’obbligo del vuoto a rendere del vetro per bar e ristoranti, apportata al collegato ambientale dal relatore al Ddl Alessandro Bratti in Commissione Ambiente, su sollecitazione degli esercenti.

Gli esercenti sostengono di considerare “tutela ambientale e … green economy, principi assolutamente sacrosanti”. Lamentano però che introdurre il “vetro a rendere” avrebbe creato una “ghettizzazione dei pubblici esercizi a tutto vantaggio di altri canali di acquisto”.

Questo perchè “Tale sistema avrebbe portato l’esercente ad anticipare il costo della cauzione che graverebbe ulteriormente sui conti delle imprese già tanto a rischio”. Si sostiene che se la Fipe “non fosse tempestivamente intervenuta su questo provvedimento gli esercenti sarebbero stati obbligati a vendere per asporto ai loro clienti acqua e birra solo se contenuti in recipienti di vetro e con cauzione”.

Tale obbligo “non avrebbe però riguardato altre tipologie di bevande, né tantomeno i punti vendita diversi dai pubblici esercizi come tabaccai, pizzerie a taglio, kebab, panetterie o supermercati e discount” (NdR: la proposta di Fipe è cassare il provvedimento, non estenderlo ai soggetti citati, creando così un “pari trattamento”).

Il danno sarebbe stato grande, dal momento che secondo il Centro Studi Fipe, “il 60% del consumo di birra avviene all’interno del canale domestico e dei 12 miliardi di litri di acqua minerale consumati dagli italiani, soltanto due riguardano la rete dei pubblici esercizi”.

Ma la Fipe, come si è visto, è per la tutela ambientale e la green economy e per dimostrarlo indica la soluzione: “per tutelare davvero l’ambiente … basterebbe organizzare per bene una raccolta differenziata seria, accurata ed efficiente”.

Il vuoto a rendere – si lamenta la Fipe – avrebbe danneggiato gli esercenti in due modi: perché avrebbero dovuto anticipare il costo della cauzione (con un ulteriore aggravio sui conti delle imprese, già tanto a rischio), e perché la resa del vetro implica uno stoccaggio dei vuoti a rendere con annessi problemi di gestione e spazio.

Partendo da quest’ultimo assunto è possibile fare un’osservazione e sollecitare la Federazione a misurarsi con una proposta.

La prima è che non si possono considerare tutela ambientale e green economy come dati formali o peggio come una coperta che ognuno può tirare dalla sua parte (se non si vuole cadere nel green washing).

Oggi l’economia può essere circolare (ne abbiamo già parlato su questa rubrica2). E (sempre più) spesso può convenire a tutti assumere una atteggiamento attento a contenere entro limiti sostenibili l’utilizzo di energia e risorse necessarie a produrre, distribuire e consumare può convenire a tutti: ai produttori, ai distributori e a tutti noi come consumatori. Oltre che all’ambiente.

La seconda è quella che farei se avessi un bar o fossi un commerciante – con disponibilità di magazzino limitate: troverei più conveniente vendere bibite e acqua minerale alla spina, risparmiando sui costi di magazzino, prima e oltre che sulla cauzione di un ipotetico vetro a rendere.

Se qualche esercente e commerciante cominciasse a farlo, se poi coinvolgesse la sua associazione, certamente otterrebbe alcuni risultati:

  • dato che la domanda sollecita l’offerta non c’è dubbio che i produttori si organizzerebbero per veicolare i loro prodotti in modo tale da renderli distribuibili alla spina;

  • si risparmierebbero così in parte i costi economici e ambientali nella distribuzione, perché la bevande affronterebbero meno viaggi e meno stoccaggi (che ne deteriorano la qualità e ne possono compromettere l’integrità);

  • si potrebbe non dichiarare, ma provare ai clienti la riduzione degli impatti sull’ambiente, con un vantaggio di immagine, ma legato alla sostanza (meno rifiuti e meno emissioni);

  • infine si potrebbe aprire una discussione col gestore per ottenere una riduzione della tariffa rifiuti. Questo naturalmente dopo aver certificato (basta avere un contatore dei litri erogati, legato agli scontrini emessi dal registratore di cassa) le quantità vendute e il conseguente risparmio sui rifiuti (prodotti da loro o fatti produrre ai clienti).

    E’ solo un piccolo esempio di come sia possibile pensare ad una qualificazione del comportamento degli esercenti dal punto di vista ambientale, con un ritorno anche economico.

    Ma un discorso analogo è possibile aprirlo con commercianti ed esercenti non solo sulla vendita di bevande ma su numerosi altre azioni caratterizzate dal fatto che i costi si possono diminuire anche di più se si sta attenti anche ai costi ambientali di lungo, ma ormai anche di breve periodo, andando oltre a quella che ormai possiamo chiamare “convenienza economica apparente”.

    Penso ad esempio ai risparmi (economici, ambientali e sociali) che il mondo della ristorazione e quello della distribuzione potrebbero ottenere da due semplici scelte: quelle del rivolgersi a mercati locali minimizzando costi di trasporto e valorizzando le produzioni primarie di qualità sul territorio e quella di favorire i circuiti di recupero delle eccedenze alimentari (e non solo) a favore dei “mercati degli ultimi” (un terreno sul quale alcune risposte si attendono dallo sviluppo del Pinpas3).

    Sarebb
    e interessante che il sasso lanciato dalla Finestra sulla prevenzione dei rifiuti agitasse lo stagno di un mondo – come quello del commercio e dei pubblici esercizi – spesso considerato ostile all’ambiente e che invece in scelte di sostenibilità ambientale potrebbe trovare prospettive interessanti (purchè di tratti di azioni di vera sostenibilità, e non di green washing).

 

1V. E-gazette dell’8 settembre 2014 – http://www.e-gazette.it/sezione/imballaggi/collegato-ambientale-salta-obbligo-vuoto-rendere-vetro-bar-ristoranti.

2V. http://www.rifiutilab.it/dettaglio_doc.asp?id=3381&menuindex=

3V. http://www.rifiutilab.it/dettaglio_doc.asp?id=3268&menuindex=. Il Pinpas è in fase di elaborazione e verrà presentato a novembre a Ecomondo.

 

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