La Commissione Europea lancia una “consultazione pubblica”, chiamando i portatori di interesse ad esprimersi sull’economia circolare e gli ambientalisti promuovono la campagna “Make Resources Count”, cioè “fai contare le risorse”.
L’Europa ha un interesse particolare ad ottimizzare l’uso delle risorse, dal momento che le materie prime essenziali, sono concentrate al di fuori del nostro continente, e l’industria e la società europee dipendono dalle importazioni e sono sempre più vulnerabili all’aumento dei prezzi, alla volatilità dei mercati e alla situazione politica dei paesi fornitori.
Al tempo stesso, in tutto il mondo le risorse naturali vengono spesso utilizzate in maniera non sostenibile, il che provoca ulteriori pressioni sulle materie prime, degrada l’ambiente e mette a repentaglio gli ecosistemi.
La Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica (che resterà aperta fino al 20 agosto 2015) per raccogliere pareri sulla strategia da adottare per impostare in modo nuovo e ambizioso la transizione verso l’economia circolare, con un piano di azione da preparare entro l’anno, con strategie che non dovranno limitarsi ai rifiuti, ma contemplare l’intero ciclo di vita dei prodotti, tenendo conto della situazione di ciascuno Stato membro[1].
Il piano[2] oltre ad azioni sul fronte dei rifiuti dovrà quindi prevedere interventi in materia di eco progettazione, riutilizzo e riparazione dei prodotti, riciclaggio, consumo sostenibile, livelli di riciclaggio, ottimizzazione dell’uso delle materie prime, rafforzamento dei mercati delle materie prime secondarie, ecc..
A monte sta la convinzione che la transizione verso un’economia circolare persegua due obiettivi, uno ambientale e l’altro (che ne deriva) economico:
- mantenere per un tempo ottimale il valore dei materiali e dell’energia utilizzati nei prodotti, riducendo così al minimo i rifiuti e l’uso delle risorse e impedendo perdite di valore nei flussi delle materie;
(da ciò deriva la possibilità di)
- creare opportunità economiche e promuovere la competitività e l’innovazione, stimolando il nascere di nuovi modelli imprenditoriali e l’adozione di nuove tecnologie (su base sostenibile), nonché favorendo la modernizzazione delle politiche sociali.
Per far questo occorrerà intervenire in tutte le fasi della catena del valore: dall’estrazione delle materie prime alla progettazione dei materiali e dei prodotti, dalla produzione alla distribuzione e al consumo dei beni, dai regimi di riparazione, prefabbricazione e riutilizzo alla gestione e al riciclaggio dei rifiuti.
Parallelamente a questa va segnalata la notizia che gli ambientalisti hanno lanciato una campagna attraverso European Environmental Bureau (EEB), l’associazione ambientalista che riunisce 140 organizzazioni in Europa, fra cui Legambiente.
La campagna è “Make Resources Count”, cioè “fai contare le risorse”[3] .
L’Europa -sostengono gli organizzatori- non può più permettersi di gettare i rifiuti in discarica o di bruciare materiali negli inceneritori e bisogna puntare su riciclo, riuso e design intelligente dei prodotti.
E’ significativo che la campagna parta in coincidenza con la Consultazione, perché riapre una partita chiave per Bruxelles e tutti gli europei. Gli ambientalisti temono che la nuova Commissione Junkers possa proporre un passo indietro rispetto alle regole proposte dal precedente esecutivo UE (che includevano un target di riciclo del 70% per i rifiuti urbani e dell’80% per gli imballaggi, più il divieto di ricorrere alle discariche). La loro idea è che ripresentare nuove regole “deve significare mantenere i target di riciclo originali e includere criteri di design dei prodotti per ridurre l’uso di risorse dalla fase di progettazione”[4].
La campagna punta a rendere più facile disassemblare, riparare e riusare, invece di costruire qualcosa per poi gettarlo via (risparmio di materie ed energia) e ad estendere di qualche anno il ciclo di vita solo di lavatrici, computer portatili e stampanti (meno emissioni di gas climalteranti e più occupazione[5]).
La ricetta proposta da EEB per la nuova normativa UE è centrata sull’“obiettivo zero rifiuti residui” entro il 2025 ma prevede anche un target di riduzione di uso dei materiali e di taglio della produzione dei rifiuti, ma anche la preparazione di target per il riuso di rifiuti urbani, di attività commerciali e industriali.
Gli ambientalisti propongono anche di bandire discariche e inceneritori e di eliminare sostanze nocive come microplastiche e prodotti monouso e non riciclabili, a partire dalla progettazione dei prodotti.
[1] http://ec.europa.eu/environment/consultations/closing_the_loop_en.htm
[2] Che sarà elaborato da un gruppo guidato dal primo vicepresidente Frans Timmermans (in quanto responsabile per la Qualità della legislazione, le relazioni interistituzionali, lo Stato di diritto e la Carta dei diritti fondamentali) e comprendente Jyrki Katainen (vicepresidente responsabile per l’Occupazione, la crescita, gli investimenti e la competitività), Karmenu Vella (commissario per l’Ambiente, gli affari marittimi e la pesca), eElżbieta Bieńkowska (commissaria per il Mercato interno, l’industria, l’imprenditoria e le pmi).
[3] makeresourcescount.eu
[4] Secondo i dati di EEB, l’80% dell’impatto ambientale di un prodotto viene definito proprio nella fase di design.
[5] Si stima un taglio di oltre un milione di tonnellate di emissioni di CO2 e un beneficio anche dell’occupazione, con 860mila nuovi posti di lavoro per il 2030.